Ecuador ballottaggio. Cosa ne pensa il Movimento Pachakutik

L'opinione del leader indigeno Leonidas Iza a meno di un mese dal  ballottaggio

di Andrea Cegna da Città de Messico

Il 13 aprile si avvicina e anche il ballottaggio in Ecuador. La sfida è tra il Presidente uscente Noboa e la candidata del centro-sinistra Luisa Gonzalez, arrivati praticamente alla pari alla fine del primo turno. Il terzo partito, Pachakutik, potrebbe essere l’ago della bilancia sia per il ballottaggio sia per quello che accadrà in Parlamento, dove né Noboa né González avranno la maggioranza. Il partito “indigeno”, però, ha una cultura e una storia politica lontana da quella occidentalocentrica che alimenta le democrazie liberali, per cui la discussione e tempi decisionali sono lontani da quelli abituali e nascono da un dialogo collettivo tra le basi attive e non dal vertice del partito/movimento . Il leader carismatico, Leonidas Iza, ha così imposto una diversa grammatica politica e costretto l’Ecuador ad ascoltare modi e tempi diversi di fare politica. Iza parla di decolonialità, anticapitalismo, ambientalismo radicale e femminismo. Lo abbiamo intervistato.

Quale differenza vedi tra i due candidati alla presidenza?

Da una parte abbiamo il neofascismo creolo di Daniel Noboa, che cerca di cooptare la presidenza dell’Ecuador per la seconda volta. Si tratta di un progetto oligarchico basato sulla polarizzazione politica, sulla militarizzazione del Paese (la logica del nemico interno) e su un frivolo populismo digitale che diventa virale con enormi quantità di denaro. Se vincesse il ballottaggio, significherebbe consolidare una repubblica delle banane neocoloniale, caratterizzata da esclusione sociale, stagnazione economica, privatizzazione vorace, mancanza di rispetto per la legge, criminalizzazione dei difensori del territorio e assassini impuniti di leader popolari. Il tutto in sintonia con la radicalizzazione della destra in Occidente. Dall’altra parte, abbiamo la socialdemocrazia del XXI secolo che si orienta verso un modello sviluppista-keynesiano che attacca la natura a scapito del rafforzamento del capitalismo, un progetto che un tempo rafforzava l’apparato statale.

L’intero Ecuador sta aspettando che lei dica se intende sostenere uno dei due al secondo turno.  I tempi dei popoli indigeni sono diversi. La democrazia dovrebbe rispettare la democrazia comunitaria come pratica decoloniale? Perché è importante?

La democrazia non si limita al processo elettorale, ma al diritto di partecipazione e di decisione permanente. Noi optiamo per il potere politico collettivo, cioè per la democrazia comunitaria. Le decisioni vengono prese collettivamente, con la partecipazione di popoli e nazionalità di tutte le regioni e dei settori urbani che ci hanno fortemente sostenuto. La posizione politica è costruita collettivamente; è l’unica via verso uno Stato di classe plurinazionale basato sul Potere Popolare Plurinazionale. In questo scenario, speriamo che prevalga il progetto politico-economico che meno colpisce i settori storicamente impoveriti del Paese. Certamente sceglieremo con chi combattere nei prossimi anni, ma non è un segreto che la destra ci abbia sistematicamente attaccato, come è successo nei disastrosi governi di Moreno e Lasso.

Che ruolo avrà ora il Movimento Pachakutik nella politica dell’Ecuador?

È stato detto che il voto ottenuto in queste elezioni ci rende un attore decisivo. Questo non ha cambiato il nostro modo di intendere la politica. Non negoziamo i principi. Nel corso degli anni, abbiamo affrontato sia governi neoliberali che progetti socialdemocratici. Oggi, quando il Paese sta crollando, proponiamo un programma con i seguenti punti minimi:

1. Dichiarare l’emergenza ambientale nazionale, dando priorità alle aree colpite dalle miniere illegali. 2. Dichiarare una moratoria mineraria nazionale in attesa di un audit completo e vincolante. 3. Dichiarare l’emergenza ambientale nelle aree colpite dall’attività mineraria illegale, avviare un audit e una bonifica delle responsabilità ambientali e attuare una pianificazione territoriale partecipativa per regolarizzare l’attività mineraria artigianale e su piccola scala. 4. Concedere l’amnistia e l’indulto agli attivisti sociali. 5. Promuovere la gestione comunitaria dell’educazione interculturale bilingue e integrare l’interculturalismo nel sistema educativo ecuadoriano. 5. Riformare il Codice Penale Organico Integrale per eliminare le figure giuridiche utilizzate per criminalizzare la protesta sociale. 6. Restituzione delle terre contadine espropriate dall’espansione dell’agroindustria e dell’estrattivismo, insieme alla piena garanzia dei diritti del lavoro. 7. Rispetto illimitato dell’autonomia delle organizzazioni popolari e rifiuto dell’aziendalizzazione della società civile. 8. No a una nuova assemblea costituente, perché implicherebbe una regressione dei diritti conquistati negli anni. 9. No alla concessione del giacimento di Sacha, il più produttivo del Paese. Queste e altre richieste sono nate nelle diverse assemblee comunitarie e plurinazionali.

Quale sarà il suo ruolo ora, sia nel Pachakutik che nel Conaie?

Spetta al campo popolare portare avanti l’effettiva costruzione dello Stato di classe plurinazionale, basato sul principio del Potere Popolare Plurinazionale. Sosterremo una proposta per il Paese in modo pubblico, coerente e collettivo. Come autorità del Consiglio direttivo della CONAIE, mantengo il mio impegno nei confronti delle nazionalità e dei popoli indigeni che hanno resistito a forme di dominazione, sfruttamento e discriminazione fin dall’epoca coloniale. Saremo ovunque sia necessario… La destra radicalizzata e filofascista sta guadagnando terreno nella regione e noi, coerentemente con i nostri principi, la affronteremo. Abbiamo lottato per tutta la vita e manterremo la coerenza che abbiamo imparato dai nostri antenati: resistenza e dignità.

In copertina il leader indigeno in una foto tratta da wikipedia

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