Ucraina/Russia. Lo stallo mortale. Il punto

Bocce ferme e preparativi all’alba del giorno 351 dall'inizio dell'invasione 

di Raffaele Crocco

Alcuni esperti, ad esempio chi scrive sul sito Analisi Difesa, immaginano un quadro di questo genere. Citando fonti di Mosca, sostengono che la prossima offensiva russa di primavera verrà affidata a brigate di dispiegamento rapido, protette da aviazione e artiglieria. Conquistato il terreno ritenuto necessario, queste brigate si ritireranno, sostituite dagli specialisti del genio. Questi dovrebbero radere al suolo quello che resta delle infrastrutture ucraine: strade, ponti, ferrovie, rete elettrica, torri di comunicazione radio, insomma tutto quanto. L’obiettivo sarebbe creare un enorme “spazio vuoto”, un cuscinetto di sicurezza,  fra l’Ucraina “filo-occidentale” e i confini della Federazione Russa. Una “terra di nessuno” smilitarizzata, in grado di tenere lontane le armi ucraine – e della Nato – dal territorio russo.

Fantapolitica? Forse, ma a parlare sono uomini e donne esperti di cose militari, che all’alba del giorno 351 dall’invasione russa dell’Ucraina, leggono gli avvenimenti non solo militari, ma politici. Sul terreno, ad oggi, potrebbero esserci più di 200mila morti, un numero impressionante in una guerra contemporanea. C’è anche, ad ora, l’evidente incapacità di una parte di prevalere sull’altra. Questo è il vero blocco ad ogni negoziato, dato che Kiev, legittimamente, non ha alcuna intenzione di lasciare a Mosca fette del proprio territorio e Putin, l’aggressore, si è troppo compromesso per accettare l’idea di ritirarsi.

Il risultato è uno stallo mortale, destinato a durare anche con l’arrivo, in dotazione all’esercito ucraino, dei due battaglioni di carri Leopard2 – 80 mezzi – dall’Europa, dei 31 carri armati Abrams dagli Usa e di un certo numero di corazzati dalla Gran Bretagna. Questi mezzi, dicono gli analisti militari, non consentiranno a Kiev di rovesciare le sorti della guerra. Il presidente Zelensky lo sa bene: non a caso insiste sull’invio di centinaia di carri armati e di aerei da combattimento. Quello che l’Ucraina farà, grazie a queste forniture, è bloccare l’offensiva russa e rigenerare una situazione di stallo che potrebbe durare anni.

Per questa ragione, nelle cancellerie europee la tesi della “fascia di sicurezza” inizia a farsi strada, come possibile soluzione per arrivare almeno ad un cessate il fuoco e iniziare lì trattative di pace. Al momento tutto appare lontano e improbabile. Zelensky è stato molto chiaro nel tour europeo che lo ha visto protagonista in questi giorni di febbraio del 2023. Da Londra, Parigi e Bruxelles, ha ribadito che ormai “la situazione è diventata irreversibile e penso che i russi hanno fatto di tutto affinché sia così. Ora è troppo tardi. Il nostro popolo non dimenticherà mai”.

Parole che chiudono a chiave la porta delle trattative, almeno per il momento. La diplomazia, però, lavora, cerca strade e da questo punto di vista potrebbe diventare un bivio interessante l’idea europea di applicare alla CIna sanzioni economiche se dovesse aiutare – militarmente e non solo – la Russia. Per la prima volta, Pechino verrebbe chiamata realmente sul palco di questa guerra e gli interessi economici cinesi in Europa sono davvero troppo forti per lasciarla indifferente.

Sul campo, intanto, continuano i bombardamenti da parte russa. In settimana è stato colpito l’oblast ucraino di Kharkiv, uccidendo almeno due persone e ferendone cinque. Gli attacchi di artiglieria hanno colpito edifici residenziali nel distretto di Kupiansk. Ancora bombe, ancora civili uccisi. L’orrore continua.

In copertina una foto di repertorio di un Abrams in dotazione alle truppe americane (foto U.S. Marine Corps)

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