Bakhmut, simbolo della resistenza ucraina. Il Punto

Zelensky ha ordinato di non mollare, mentre per Putin non c’è spazio per la trattativa su Crimea e territori annessi

I giorni sono 400, ormai. E a Bakhmut ancora si combatte. La città non è in mano ai russi. A spiegarlo è chi la città dovrebbe conquistare, cioè il capo della milizia privata Wagner, Yevgeny Prigozhin. Mentre insiste nell’accusare i vertici militari russi di “scarso impegno e poca lucidità”, Prigozhin racconta che i militari ucraini non la stanno abbandonando. I combattimenti continuano serrati nella zona ovest. “Hanno una difesa ben organizzata”, ha detto in una nota stampa. La città sta diventando sempre più un simbolo della resistenza ucraina all’invasione russa. Zelensky ha ordinato di non mollare, non ritirarsi, sacrificando molte risorse umane e materiali nella difesa.

I russi insistono nell’attacco, convinti della necessità di prendere un nodo strategico per la definitiva conquista del Donbass. L’offensiva, però, mette a nudo le crepe esistenti fra i mercenari della Wagner e le forze armate russe regolari. Il capo di questa compagnia privata è un fiume in piena. Critica apertamente il comando militare russo, soprattutto il generale Sergei Surovikin, capo delle forze di difesa aerea. “Non vedo Surovikin da tanto tempo, non so cosa stia facendo”, ha scritto Prigozhin su Telegram.

Di fatto, le armi continuano ad essere padrone del campo. La politica, la diplomazia, sono alla ricerca di un ruolo che ancora non trovano. Putin alza il livello dello scontro e parla apertamente di “guerra calda con gli Stati Uniti”. Giustifica l’intenzione di dispiegare altre armi atomiche in Bielorussia con “il pericoloso allargamento della Nato a Svezia e Finlandia. L’Alleanza si è allargata verso i nostri confini. Non siamo stati noi a spostare le nostre infrastrutture militari sempre più vicine”. Il Cremlino esclude anche una possibile mediazione cinese per fermare i combattimenti. “La Cina ha un grande ed efficace potenziale quando si tratta dei suoi servizi di mediazione. Ma la situazione con l’Ucraina è complessa, non c’è prospettiva di una soluzione politica”, ha spiegato ai giornalisti il portavoce, Dmitry Peskov. Ha aggiunto anche che Mosca, al momento, non ha “altra soluzione che continuare l’operazione militare speciale”.

La questione vera è che per Putin non ci sono spazi di trattativa sulla Crimea e sui territori ucraini annessi manu militare alla Federazione Russa. Per il Cremlino, l’integrità territoriale della Russia non è in discussione. Su questa posizione muore ogni tentativo di trovare una soluzione negoziata. Da Kiev, arriva altra benzina sul fuoco. Andriy Sibiga, vicecapo dell’ufficio del presidente Vladimir Zelensky, in un’intervista al Financial Times ha spiegato che l’Ucraina è pronta ai negoziati con Mosca sulla Crimea, se la controffensiva militare avrà successo. Difficile pensare che Putin possa accettare di sedersi al tavolo dei negoziati da perdente.

In questa situazione, diventa asfittica anche l’azione tentata dal presidente francese Emmanuel Macron, in visita a Pechino. Macron ha ribadito di contare sul presidente cinese , Xi Jinping per “riportare la Russia alla ragione”. Con Macron, nella capitale cinese c’era anche la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. Gli incontri sono stati fitti, ma senza apparente risultato. Xi ha ribadito che la Cina sostiene sempre “i colloqui di pace” e “la risoluzione politica della crisi ucraina”. Ha rinnovato anche l’appello a non usare mai armi nucleari o armi biologiche e chimiche, evitando anche attacchi senza senso a impianti nucleari, ad obiettivi civili e proteggendo donne, anziani e bambini. Insomma, Xi Jinping chiede moderazione, ma non offre alcuna sponda concreta alla pace. E il gioco della guerra diventa infinito.

Cartina in copertina © Viacheslav Lopatin/Shutterstock.com

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