Tra Capo York, il punto più a nord del Queensland, in Australia, e la Provincia Occidentale della Papua Nuova Guinea, ci sono circa 150 km di mare. È lo stretto di Torres, un’area costellata da 274 isole. Solo 14 sono abitate. Da qui è partita la battaglia di Zio Pabai e Zio Paul, leader della comunità nazione Guda Maluyligal, che hanno portato in tribunale il governo australiano chiedendo azioni urgenti per tutelarli dai cambiamenti climatici. Tra il 1993 e il 2019 il mare dello Stretto si è alzato di sei centimetri ogni dieci anni, doppiando la media globale e mettendo in pericolo la loro sopravvivenza. Entro il 2050 la loro terra d’origine potrebbe scomparire.
*Foto di Shutterstock
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I cambiamenti climatici renderanno inabitabili intere aree del Pianeta
La crisi climatica mette in pericolo culture, identità, modi di vivere. Il mare non sta coprendo solo le spiagge ma anche orti, luoghi sacri, la terra in cui riposano le spoglie degli antenati. Il centro di ricerca Climate Central ha elaborato una mappa interattiva delle aree in pericolo. Secondo gli studiosi, con un riscaldamento globale di 3 gradi, le acque potrebbero raggiungere i territori abitati dal 10% della popolazione. L’Asia è l’area più esposta: entro il 2100 43 milioni di persone, in Cina, potrebbero ritrovarsi sotto il livello del mare.
E poi ci sono le temperature estreme: giugno 2024 è stato il più caldo mai registrato. Così maggio, aprile, marzo e i mesi precedenti. Nel 2023, 7,3 milioni di persone hanno vissuto nella morsa del caldo estremo. A essere più colpite le regioni tropicali di America del Sud, Africa e arcipelago malese.
Nelle prossime settimane dedicheremo focus specifici alla situazione degli stati insulari, alle conseguenze dell’intensificarsi degli eventi climatici estremi e all’Italia: il nostro paese, infatti, non è esente da criticità.
Ricollocare le popolazioni, tutelarne i diritti
Guardando alle isole del Pacifico, le ricollocazioni entro il 2100 potrebbero riguardare più di 10 milioni di persone. Lo spostamento delle popolazioni porrà interrogativi sul loro status giuridico, sulla sovranità e sul governo delle acque dei territori abbandonati. Colpirà intere culture, più della metà di lingue esistenti è già in pericolo.
Le popolazioni ricollocate avranno bisogno di supporto economico e nell’ambientamento per evitare la creazione di ghetti di povertà, violenza e criminalità. Bisognerà pensare a chi resta. Siccità, inondazioni e ondate di calore spingeranno a un impoverimento che, per le popolazioni fragili, si tradurrà nell’impossibilità di migrare. Nell’attuale scenario, entro il 2100 non potrà muoversi 10% dei migranti a basso reddito; se la crisi dovesse aggravarsi, si arriverà al 35%.