Canada: “Non saremo mai il 51° Stato USA”

A che punto sono le relazioni fra Stati uniti e Canada, dopo la clamorosa dichiarazione di Trump di voler fare del vicino Paese “il 51° Stato dell’Unione”? Meglio chiarire subito che, in questo caso, lo stesso neo-inquilino della Casa bianca ha escluso l’uso della forza militare per ottenere lo scopo. I mezzi che si propone di adottare sono solo economici: nella forma prediletta dei dazi, “tariffs” fino al 25 percento sui beni canadesi.  

Il 17 gennaio, a una riunione di 12 governatori degli Stati canadesi,  il premier dell’Ontario Doug Ford ha detto martedì che “non andrà bene” se Trump fa quello che ha detto, e che fino a 500mila persone solo in Ontario potrebbero rimanere senza lavoro se venisse implementato un piano tariffario su larga scala. Il Canada  dovrebbe spendere miliardi di dollari in stimoli per sostenere un’economia traballante. Alcuni dei leader canadesi vorrebbero una risposta forte. Uno dei principali alleati del presidente dimissionario  Trudeau, l’ex ministro delle Finanze Chrystia Freeland, si è dimesso a fine dicembre per un disaccordo su come il governo canadese avrebbe dovuto rispondere ai potenziali dazi. “Dobbiamo prendere questa minaccia molto seriamente”, scriveva la Freeland nella sua lettera di dimissioni.

Anche il capo del Partito conservatore, Pierre Polievre, ha reagito duramente alla minaccia delle tariffe e ancor più all’annessione: “Il Canada non sarà mai il 51° stato. Punto. Siamo un Paese grande e indipendente”, ha scritto il leader conservatore in un post sui social media, mentre incolpava Trudeau e la coalizione Liberal-NDP per aver indebolito il paese. Poilievre ha definito le tariffe proposte da Trump “autolesionismo” e ha dichiarato: “Dovremmo rivolgerci ai lavoratori americani del Midwest, ai loro sindacati e ai leader aziendali e dire ‘quanti posti di lavoro siete disposti a perdere colpendo l’energia canadese con le tariffe, energia che vendiamo all’America a prezzi scontati che creano posti di lavoro a sei cifre per i lavoratori americani?’.”

Ma Trump ha già trovato i suoi cavalli di Troia. Lo scorso fine settimana ha ospitato la premier dell’Alberta Danielle Smith nella sua tenuta di Mar-a-Lago. La Smith ha detto che hanno avuto una conversazione “amichevole e costruttiva” e ha sottolineato che le vaste riserve di petrolio della sua provincia sono cruciali per la sicurezza energetica nordamericana e per i prezzi del gas del continente. In quanto ai dazi, ha riferito che Trump é mosso dalla sua animosità per il deficit commerciale degli Stati Uniti con il Canada. Tale deficit commerciale è in gran parte guidato dalla forte domanda statunitense di petrolio e gas naturale canadesi, che acquista a un prezzo scontato rispetto ai prezzi mondiali per quelle materie prime.

Gli Stati Uniti e il Canada sono tra i principali partner commerciali l’uno dell’altro. Nel 2023 i due Paesi hanno scambiato quotidianamente beni e servizi per 2,7 miliardi di dollari (3,6 miliardi di dollari canadesi).  Ma a Ottawa circola un elenco di merci prodotte negli Stati Uniti che il Canada potrebbe colpire con tariffe di ritorsione, tra cui prodotti siderurgici, materie plastiche e succo d’arancia della Florida. All’incontro di mercoledì con Trudeau, alcuni premier, tra cui Doug Ford dell’Ontario, hanno offerto sostegno alla prospettiva.

“Credo fermamente nelle tariffe di ritorsione”, ha affermato Ford. “Non puoi lasciare che qualcuno ti colpisca in testa con una mazza senza colpirlo con il doppio della forza.Ford è arrivato alla tavola rotonda con un berretto blu  con la scritta “Il Canada non è in vendita”.

Nell’immagine da wikipedia, l’Ambassador bridge, che collega Michigan e Ontario ed é il punto di maggior transito di merci fra Usa e Canada

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