Oggi sono esattamente 4 anni, dal giorno del golpe con il quale i militari birmani hanno preso il potere in Myanmar, destituendo a arrestando il premio Nobel per la Pace, Aung San Suu Kyi. Da allora, dopo una prima fase di proteste pacifiche pro-democrazia represse nel sangue, in quel Paese del sud-est asiatico è scoppiata una guerra civile. “La giunta militare del Myanmar ha ucciso oltre 6.000 persone, ne ha arrestate arbitrariamente più di 20.000 e ha ripreso a eseguire condanne a morte”, ha denunciato ieri Amnesty International, parte di 46 organizzazioni per i diritti umani che in vista dell’anniversario del golpe chiedono alla comunità internazionale di “agire con urgenza per assicurare che i responsabili dei crimini di atrocità commessi in Myanmar siano chiamati a risponderne”. Gli sfollati interni di questo conflitto sono oltre tre milioni e mezzo, su una popolazione di circa 30 milioni di persone. “Le organizzazioni per i diritti umani hanno denunciato maltrattamenti e torture, attacchi indiscriminati e il diniego degli aiuti umanitari, che nell’insieme possono costituire crimini di guerra e crimini contro l’umanità”, continuano le 46 organizzazioni internazionali nel loro appello sul Myanmar.
Per ricordare il conflitto nell’ex Birmania, a Roma sono state organizzate due giornate con mostre fotografiche, proiezioni di film e una conferenza con ospiti internazionali (in programma oggi). Tra le foto esposte anche quelle di Siegfried Modola, vincitore di WARS 2023, concorso internazionale dell’Atlante delle guerre (co-organizzatore dell’iniziativa assieme a Italia-Birmania Insieme, Amnesty International, Asiatica Film Festival, Fondazione Maitreya, SeaJunction. In Myanmar la pace è ancora lontana, nonostante la giunta militare al potere continui a perdere terreno, controllando ormai meno della metà del Paese. Forse anche per questo negli ultimi mesi l’aviazione golpista ha intensificato i bombardamenti sulle aree ribelli. Per le Nazioni Unite sotto le bombe si trovano donne, anziani e bambini. Dal 1° febbraio 2021 (giorno del golpe) la ong britannica Action on Armed Violence (Aoav) ha registrato in Myanmar un aumento dell’857% delle vittime civili (passate da 353 a 3.379). Il 2024 è stato l’anno più violento, superando anche il precedente record del 2023.
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La giunta militare al potere nell’ex Birmania ha annunciato ieri la settima proroga, per altri sei mesi, dello stato di emergenza. Così facendo il capo delle forze armate e della giunta, il generale Min Aung Hlaing, può mantenere pieni poteri (legislativo, giudiziario ed esecutivo), rimandando ancora una volta le elezioni, promesse già per il 2023. Lo scorso novembre il procuratore capo della Corte Penale Internazionale, Karim Khan, ha chiesto per il generale golpista un mandato d’arresto con l’accusa di crimini contro l’umanità di deportazione e persecuzione della minoranza musulmana dei rohingya. Sono attese ulteriori analoghe richieste nei confronti di altri alti ufficiali dell’esercito del Myanmar. Il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite si occuperà della situazione nell’ex Birmania nella prossima sessione in programma a Ginevra dal 24 febbraio al 4 aprile.
Nella foto in copertina di Sigfried Modola, un soldato Karenni spara con la sua arma durante i feroci scontri contro le unità dell’esercito del Myanmar il 17 aprile 2023, nello Stato dei Karenni (Birmania orientale)
RedEst/ADP