Uno dei conflitti che non conosce confini, e che per dimensioni è forse il più vasto, e quello che coinvolge il maggior numero di persone del Pianeta è la disparità di genere. Le discriminazioni e violenze che le donne subiscono pressoché in tutti i continenti, e sotto ogni latitudine, oltre ad evidenziarsi nei dati più eclatanti dei femminicidi, si manifesta nelle discriminazioni nell’accesso allo studio e al lavoro, in legislazioni inique, nella sottomissione per legge o per costume nell’ambito familiare.
Tenendo in conto una complessa serie di indicatori, l’Undp, il Programma per lo sviluppo delle Nazioni unite, stila periodicamente un rapporto sul grado di eguaglianza fra generi nei vari Paesi. Nella tabella riassuntiva che introduce il rapporto, i Paesi sono classificati secondo il grado di Sviluppo umano, 25 anni da quando il primo Rapporto sullo sviluppo umano ha introdotto un nuovo approccio.
Nelle parole dell’Human development report office (Hdro), “all’inizio degli anni ’60, la crescita economica era emersa sia come obiettivo principale, sia come indicatore, del progresso nazionale in molti paesi. Negli anni ’70 e ’80 il dibattito sullo sviluppo ha preso in considerazione l’utilizzo di focus alternativi per andare oltre il Pil, Prodotto interno lordo, tra cui porre maggiore enfasi sull’occupazione, seguita da una redistribuzione [tra la popolazione] dei benefici della crescita, e quindi se le persone avessero soddisfatto i loro bisogni di base”.
Ci sono varie discrepanze sul grado di sviluppo umano e quello di eguaglianza di genere. Irlanda e Australia, che figurano rispettivamente al secondo e ottavo posto nell’indice generale di Sviluppo umano, sono invece al 23esimo e 25esimo posto per quanto riguarda la parità di genere. La Germania è sesta nello Su, mentre è solo 20esima in questa classifica. Senz’altro questionabile non omogeneo dev’essere il criterio di captazione e conteggio dei dati alla fonte, se è vero che gli Emirati uniti, al 31esimo posto nell’indice di Sviluppo umano, risula qui al 18esimo posto, ovvero due gradini più su della Germania. Ma questo dato poco credibile non può nascondere quella che pare una verità incontrovertibile: la disparità di genere, intesa come oppressione delle donne, e anche delle minoranze GLBT, è ancora radicata nelle culture più diverse.
Colombia, Brasile e Cina occupano rispettivamente l’83esima, 84esima e 85esima posizione nello Sviluppo umano. Brasile e Colombia scendono rispettivamente al 95esimo e 101esimo posto sul tema di genere. Mentre la Cina risale di quasi 50 posizioni, al 39esimo posto. Ben poco lusinghiero il 119 posto del Venezuela, il 123esimo dell’India, il 108 dell’Egitto. Numeri scritti col sangue. Nel suo rapporto sul femminicidio, l’Onu fa notare che “ le donne assassinate muoiono prima di aver compiuto 50 anni. Rispetto al 2012, nel 2017 il numero di donne e ragazze uccise è diminuito (circa 87.000) ma aumenta il tasso di donne uccise in casa (da 48.000 nel 2012 a 60.000 nel 2017), donne assassinate da familiari (24%) o partner (34%): i loro killer hanno standard di vita più elevati e, raramente, hanno un passato criminale”.
In America latina, dove il maschilismo e i modelli patriarcali e violenti sono ancora profondamente radicati, la voce delle donne si è fatta sentire, ed è stata al centro delle proteste che, già nel 2019, prima dell’esplodere della pandemia, hanno scosso il Continente, reclamando diritti e il superamento delle diseguaglianze. A cominciare da quella di genere.
In Argentina, alla fine del 2020, è stato approvato un disegno di legge che legalizza l’interruzione volontaria di gravidanza. Capofila della battaglia la Campaña Nacional por el Derecho al Aborto Legal, Seguro y Gratuito, un movimento nato 15 anni fa per lottare insieme ai collettivi femministi per la depenalizzazione e la legalizzazione dell’aborto. Negli anni la Campaña aveva presentato al Congresso argentino otto proposte di legge, tutte respinte. Nel 2019 e 2020 la protesta era ripartita: migliaia di donne con i fazzoletti verdi (pañuelos) avevano manifestato per mesi per chiedere l’approvazione della legge.
Prima dell’approvazione della nuova legge, si poteva interrompere volontariamente una gravidanza solo nel caso in cui fosse dovuta a uno stupro o mettesse in pericolo la vita della donna. Nonostante la legge sull’ Interrupción Legal del Embarazo introdotta nel 2015, in molte regioni del Paese non veniva applicata o veniva ostacolata in tutti i modi. Le donne che ricorrevano quindi all’aborto clandestino e rischiavano una condanna e il carcere. Un rapporto del Centro de Estudios Legales y Sociales (CELS), la Campaña Nacional por el Derecho al Aborto Legal, Seguro y Gratuito e di altre realtà denunciava che dal 2019 alla fine del 2020 c’erano stati almeno 852 casi avviati nei tribunali contro donne che hanno abortito.
Sulla spinta della mobilitazione argentina, in Cile si è formata all’inizio del 2021 la Cómision de Mujeres y Equidad de Género (Commissione per le Donne e per la Parità di Genere) che ha avviato, con il coinvolgimento diretto dei movimenti femministi, la discussione per depenalizzare l’aborto volontario entro le 14 settimane di gestazione. Nel 2017 è stata approvata una legge che depenalizza l’aborto in tre circostanze: in caso di rischio per la vita della donna, in caso di difetti congeniti nel feto che portano alla morte e in caso di stupro. Le stime dicono che in Cile vengano eseguiti almeno 70mila aborti clandestini ogni anno.
Secondo il Guttmacher Institute, organizzazione che si occupa di politiche i tassi di gravidanze indesiderate sono più alti nei paesi che limitano l’accesso all’aborto e più bassi nei paesi in cui l’aborto è legale. Negli ultimi 30 anni, nei paesi che limitano l’interruzione volontaria di gravidanza, la percentuale di gravidanze indesiderate che si concludono con un aborto è aumentata: è passata dal 36% (1990-1994) al 50% (2015-2019).
Ogni anno, in Sud America e Caraibi 760mila donne vengono ricoverate per complicanze legate agli aborti non sicuri, mentre In Europa e Nord America i dati parlando invece di 17 aborti e di 35 gravidanze indesiderate ogni mille donne. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, nei paesi in cui l’aborto è vietato, solo un aborto su quattro avviene in maniera sicura mentre dove è legale quasi 9 aborti su 10 sono svolti in maniera sicura. Nel Centro e Sud America l’aborto è legale, oltre che in Argentina anche in Uruguay, a Cuba e nella Guyana, a Città del Messico e nello stato messicano di Oaxaca. Nella maggior parte degli altri Paesi del Sud e del Centro America, però, l’aborto resta consentito solo in casi di stupro, malformazione fetale o quando c’è un rischio per la donna. L’aborto è invece illegale in qualsiasi caso ad Haiti, in Honduras, nel Suriname, in Nicaragua, nella Repubblica Dominicana e a El Salvador.
🇪🇸 Hay un conflicto que no conoce fronteras, quizàs el mas grande por nùmero y el mas extenso por difusiòn en el Planeta. Es la disegualdad de género. El aspecto mas dramatico es el de los feminicidios. Son nùmeros escritos con la sangre. En su documento la Onu subraya: “las mujeres asesinadas mueren antes de sus 50. En el 2017, el nùmero de mujeres y muchachas matadas fue de 87.000, de las cuales 60.000 en su hogar, en el 24 porciento de los casos por familiares o partner (34 %). Los asesinos llevan un estandard de vida mas altos que sus vìctimas.
Pero los feminicidios son tan solo la punta del iceberg: las discriminaciànes y violencias diarias que contra las mujeres se manifestan en los tratos diseguales en el trabajo, el estudio, los derechos humanos, el tratamiento juridico.
En su Indice de las disegualidades de género http://hdr.undp.org/en/content/gender-inequality-index-gii el Programa de las Naciones Unidas para el Desarrollo, Pnud, edita una lista de los Paises clasificados por el nivel de disegualdad en este tema.
Irlanda y Australia, que aparecen en la casilla 23 y 25, de esta clasificaciòn estan en segunda y octava posicion en el Index general de Desarrollo humano que el mismo Pnud redacta.
Esto pone en luz el hecho que no necesariamente el machismo es propio de sociedades “atrasadas”.
Algunos resultados en la comparacion de estos dos Indices ponen la cuestiòn de la homogeneidad y consistencia en la recoleccion de datos. Segun la clasificaciòn, los Emirates Arabes Unidos ocuparian la posiciòn 18, mientras que Alemania estarìa dos posiciones mas abajo, en el lugar 20.
Otros datos que ponen a pensar son las casillas mas bajas, donde encontramos por ejemplo en la posiciòn 95 a Brazil, en la 101 a Colombia, y en la 119 a Venezuela.. India aun mas abajo, en el 123. China fue clasificada en la posicion 39.
🇬🇧 One of conflicts with no boundaries, that involves the largest number of people on the planet, is probably the gender disparity. The discrimination and violence that women suffer almost in all continents, and in every latitude, in addition to being highlighted in the most striking data of femicides, is manifested in discrimination in access to study and work, in unfair legislation, in submission to law or in the family.