Secondo le stime, le emissioni di gas serra derivate dal comparto militare sono responsabili del 5,5% delle emissioni globali e l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia non ha che peggiorato la situazione. Il comparto militare globale e i conflitti armati sono trascurati dall’UNFCCC e dall’IPCC, e il Global Stocktake (GST) è un’opportunità per integrare questi dati fondamentali. Il GST è un meccanismo previsto dall’articolo 14 dell’Accordo di Parigi: ogni cinque anni, le parti dell’Accordo sono tenute a intraprendere un inventario globale (Global Staktake) per valutare i progressi degli impegni presi dalle nazioni firmatarie per ridurre le emissioni di cui sono responsabili.
Inoltre, Cottrell ha evidenziato come attualmente la rendicontazione UNFCCC richieda solo la fornitura di dati disaggregati sull’uso del carburante militare, che non tiene conto di tutte le emissioni di gas serra prodotte dalle forze armate. Ci sono pochi dati sul consumo di carburante e ancora meno sull’uso dell’energia e sulle catene di approvvigionamento. Ancora più grave è l’assenza di dati sulle attività di guerra, in quanto i Paesi non sono tenuti, ai sensi dell’UNFCC, a pubblicare dati sulle emissioni dirette e indirette di gas serra legate alle attività all’estero, alle guerre e ad altri effetti collaterali.
Axel Michaelowa (Perspectives Climate Group e Università di Zurigo) ha sottolineato che la sede della COP28 è un esempio dei gravi impatti ambientali dei conflitti: “La COP28 si tiene in una regione che è stata teatro di molti conflitti, dove abbiamo avuto uno dei casi di maggiore emissione derivante da un conflitto militare: gli incendi di petrolio in Kuwait, l’invasione dell’Iraq, l’incendio dei giacimenti di petrolio, che ha bruciato circa 400 milioni di tonnellate di CO2. Ci auguriamo che la presidenza della COP28 comprenda l’importanza di questo tema e gli dia il posto che gli spetta nel Global Stocktake”.