Ancora boicottaggi nel cimitero Mediterraneo

Salvati oltre 60 migranti. Ma due motovedette libiche hanno impedito alla nave umanitaria Resq People di proseguire verso una barca in pericolo
Foto di Victor Britto/ResQ

Poco prima dell’alba del 15 dicembre la nave di ricerca e soccorso Resq People ha tratto in salvo 63 persone che si trovavano su un barchino di vetroresina con il motore in panne tra la Tunisia e Lampedusa. Tra loro alcuni minori. I naufraghi provengono principalmente da Bangladesh, Egitto e Tunisia, “paesi che il governo italiano vorrebbe considerare sicuri”, dove le violazioni dei diritti sono all’ordine del giorno. Alcuni dei naufraghi presentano ferite forse dovute a percosse e altri sono molto debilitati, il tutto dovuto a 31 ore di viaggio da Zuara, in balia delle onde, finché il motore ha smesso di funzionare. Lo rende noto la nave umanitari Ong Resq People Saving People cui è stato assegnato Porto Empedocle come punto di approdo per i naufraghi. Si trova a circa 25 ore di navigazione, mentre Lampedusa disterebbe solo 4 ore. E l’isola permetterebbe alla nave di ritornare immediatamente operativa.

La Resq Poeple aveva lasciato il porto di Augusta l’11 dicembre. Dopo due giorni di navigazione e i training di routine per essere pronti – dice ancora un resoconto della Ong – sono cominciati i problemi. L’incrocio con due motovedette libiche entro poche miglia ha impedito alla Resq People di proseguire verso una barca in pericolo, intercettata poi dalla cosiddetta Guardia Costiera Libica (tutto documentato sui social della ONG). La Resq People si è poi diretta verso un’altra segnalazione a circa 3 ore, sempre con i libici che continuavano a girare intorno. Dopo il soccorso dei 63 naufraghi la Resq Poeple ha tentato di raggiungere una seconda barca in difficoltà.

Ecco il resoconto di queste ore drammatiche nel racconto di chi era imbarcato sulla dalla nave umanitaria: “C’erano 47 persone che chiedevano aiuto dalle 14.00. Dieci ore dopo hanno inviato l’ultima richiesta di aiuto registrata, riferendo che una persona era caduta in acqua ed era morta. Dopo non abbiamo più avuto nessuna informazione. Nel frattempo, abbiamo raggiunto e salvato altre 63 persone. Quando eravamo in grado di raggiungere la seconda imbarcazione in difficoltà, le autorità tunisine non ci hanno permesso di entrare nelle acque territoriali per soccorrerle. Non sappiamo cosa sia successo loro”.

Tags:

Ads

You May Also Like

Reportage. La memoria di Prijedor -2

In quest’area della Bosnia Erzegovina le ferite dei massacri non si sono suturate. Incidono la carne viva dei superstiti e dei parenti che non vivono “solo” nel ricordo ma chiedono una giustizia spesso negata. Seconda puntata

di Paolo Piffer Prima della guerra a Stara Rijeka, frazione di Prijedor, vivevano in ...

Mosca vs Kiev: il fattore religioso

L'analisi di Regina Elsner, teologa e ricercatrice del Center for East European and International Studies (ZOIS) di Berlino

di Ambra Visentin La guerra in Ucraina potrebbe portare alla fine delle divisioni religiose ...

Sri Lanka: quattro scenari per una strage

Il governo di Colombo  punta l’indice sull’estremismo islamico mentre continua a salire il bilancio delle vittime della Pasqua di sangue. Lutto nazionale e stato di emergenza

di Emanuele Giordana Il governo dello Sri Lanka punta l’indice sull’estremismo islamico mentre continua a ...