Balcani: il gioco dei confini

Un piano per ridisegnare Serbia e Albania, cancellando la Bosnia

di Raffaele Crocco

Una Grande Albania, affiancata da una Grande Serbia. Per contrapposizione, una Bosnia Erzegovina che non esisterebbe più. Via, sparita. Non finisce mai di creare tensione la questione Balcani. Da circa un mese, le cancellerie europee e l’Unione Europea si agitano per il polverone sollevato da un documento definito “informale”, attribuito al premier sloveno Janez Jansa. Cosa dice il documento: ridefinisce completamente i confini degli Stati nati dalla guerra degli anni ’90, con la dissoluzione della Jugoslavia. Si ipotizza la creazione di due grandi Paesi, facendo sparire la Bosnia Erzegovina, divisa fra Belgrado e  Zagabria, esattamente come doveva succedere nelle intenzioni dei Milosevic e Tudjiman negli anni della guerra.

È un fantasma che riappare, minaccioso. Pericoloso. A scoprire il documento un portale di Lubiana. Si tratterebbe di un ‘non-paper’ sulle priorità della presidenza slovena del Consiglio dell’Ue. Lubiana, ricordiamolo, assumerà la presidenza a luglio 2021. Sempre secondo il sito web, il documento sarebbe stato consegnato a febbraio al presidente del Consiglio europeo, Charles Michel.

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Su questo particolare è partita la polemica. Jansa smentisce: la pubblicazione del documento sarebbe  dice –  solo una manovra per gettare discredito sulla Slovenia. Da Bruxelles arrivano invece versioni divergenti: se il portavoce dell’Alto Rappresentante Ue, Josep Borrell, ha detto di non esserne a conoscenza, la presidenza del Consiglio Ue ha confermato – almeno parzialmente – la cosa al quotidiano sloveno Delo. Le verità, però, sono iniziate ad emergere. Dalla presidenza bosniaca a tre, il rappresentante croato, Zeljko Komsic, ha raccontato che durante una visita a Sarajevo nel marzo scorso, il presidente sloveno, Borut Pahor, ha chiesto ai tre esponenti della presidenza bosniaca se ritenessero possibile una “divisione pacifica” della Bosnia-Erzegovina. Komsic ha anche aggiunto che Pahor avrebbe sostenuto che in Ue si è fatta strada la convinzione che l’adesione degli Stati dei Balcani al club dei 27 potrebbe avvenire solo una volta completata la disgregazione della Jugoslavia.

Pahor, da parte sua, ha confermato. Per effetto di questo, qualche settimana fa Komsic avrebbe inviato a Bruxelles un documento sulla situazione in Bosnia-Erzegovina e sulle ingerenze straniere ,che ne mettono a repentaglio l’integrità territoriale.

Ingerenze che si moltiplicano. Con Biden, anche gli Stati Uniti, da tempo di fatto assenti nell’area, sono tornati a far sentire la loro voce, soprattutto sulla questione Kosovo. Le frizioni con l’Unione Europea non sono mancate. Washington sembra infilarsi nel “vuoto” che sta lasciando l’uscita di scena della cancelliera tedesca Angela Merkel, la vera barriera alla rinascita di “passioni nazionaliste” in questi anni. Intanto, dal primo ministro albanese, Edi Rama, è arrivata la conferma dell’esistenza di un piano condiviso, che ridisegna i Balcani.

Ipotesi che ha mosso anche Mosca. Il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, ha definito il piano un “gioco pericoloso” e “inaccettabile”, bocciando l’idea di creare una Grande Albania per risolvere la questione del Kosovo.

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