Berberi e fieri di esserlo
Testo e foto di Silvia Orri



Spostandosi lungo le strade del Marocco si potrà notare che in alcune zone le indicazioni vengono segnalate sia in alfabeto arabo che in quello tifinagh.
Nel 2015, successivamente alla decisione del governo di sostituire alcuni cartelli eliminando le scritte in francese a favore di quelle in rappresentanza della lingua amazigh (berbera), le reazioni furono delle più svariate: dalle preoccupazioni per un eventuale calo del turismo alle rivendicazioni per la tutela di una cultura ed un’identità che da secoli ha affiancato quella araba ma che rimane tutt’ora afflitta da discriminazioni.
L’assimilazione, a partire dal X secolo, alla religione musulmana ed alle abitudini importate dalle invasioni arabe nell’area del Maghreb, la repressione e la subalternità (schiavutù e pagamento delle tasse), non hanno impedito alle popolazioni berbere di portare avanti le proprie istanze in difesa delle loro radici e tradizioni. Nel 2011, all’interno dei movimenti delle primavere arabe che portarono alla revisione della costituzione marocchina, venne sancito il riconoscimento della lingua amazigh come lingua ufficiale del regno.




Un passo importante per il raggiungimento degli scopi condivisi dalla minoranza amazigh (insegnamento della lingua nelle scuole, istituzione delle festività popolari, rappresentanza governativa) è stato il posizionamento all’interno della scena politica attraverso la partecipazione alle elezioni del 2021 grazie al FAPA (Front de l’Action Politique Amazigh), formatosi grazie un’alleanza alla fine del 2020 con due partiti politici membri della maggioranza di governo, il Rassemblement National des Indépendants (RNI) e il Mouvement Populaire (MP).
Il turismo sta diventando un fattore fondamentale per il sostentamento delle popolazioni berbere che abitano la zona del Marocco coperta dal deserto del Sahara. Le gole di Dades e Todra, la visita alla cittadina di Ait-Ben-Haddou, le notti in tenda nei pressi di Merzouga, gli Atlas Studios dove sono state girate alcune scene del film “Il Gladiatore”. Sarà importante prevenire il turismo di massa per poter garantire la sostenibilità in termini di approvvigionamento idrico, elettrico, il benessere di cammelli e dromedari ed anche per evitare che una cultura millenaria si trasformi in un palcoscenico animato da stereotipi per un pubblico interessato solamente allo scatto che possa inquadrare il copricapo con il colore più sgargiante.



La storia del reportage
Le foto sono state scattate da Silvia Orri nel dicembre 2024