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Camerun: tentativi di dialogo

Il Camerun tenta il dialogo e per la prima volta dall’inizio della crisi riunisce attorno a un tavolo una parte degli attori della scissione che dal 2017 provoca conflitto, morti (circa 1.800 vittime) e sfollati (oltre 500mila). Lunedì 30 settembre nella capitale Yaoundé è infatti iniziato il “grande dialogo nazionale”: una cinque giorni che aveva l’obiettivo di cercare una soluzione al conflitto che devasta le due regioni anglofone separatiste occidentali. La settimana di incontro, convocata dal presidente Paul Biya, ha accolto 700 persone tra politici, gruppi della società civile e gruppi religiosi, suddivisi in otto commissioni che hanno discusso del ritorno degli sfollati, del sistema giudiziario ed educativo, del bilinguismo e del disarmo.

Se per alcuni il dialogo rappresenta una speranza di pacificazione, altri hanno subito messo in evidenza le contraddizioni: l’assenza di un mediatore neutrale e di alcune delle figure più rappresentative della scissione del Paese, il leader dell’opposizione Maurice Kamto, che rimane in carcere e dieci rappresentanti indipendenti condannati recentemente all’ergastolo per terrorismo e secessione. Inoltre, ancora prima di iniziare, nella giornata di lunedì i leader separatisti avevano annunciato che non avrebbero partecipato perché le loro richieste non erano state soddisfatte.

Il grande dialogo nazionale è comunque la prima iniziativa di mediazione attuata dal presidente, al potere da 37 anni, e che finora aveva sempre risposto con la repressione.  Come segno di ulteriore distensione, durante la settimana di dialogo, il presidente Paul Biya, ha annunciato su Twitter il rilascio di 333 prigionieri ritenuti sostenitori della ribellione separatista anglofona. Biya ha poi deciso di sospendere i processi nei tribunali militari. Non è chiaro se la decisione di Biya sarà valida per tutti i leader separatisti.

I separatisti avevano richiesto il rilascio di 5mila persone incarcerate dal 2016, tra cui i 10 leader e il ritiro delle forze armate del Camerun dalle regioni Nord-Occidentali e Sud-Occidentali. Secondo quanto riportato da Al Jazeera all’annuncio di Biya, Ivo Tapang, il portavoce dei 13 gruppi armati denominati “Contender Forces of Ambazonia” ha risposto: “Non accetteremo un ramo d’ulivo da qualcuno le cui truppe sono ancora nel nostro territorio. Intensificheremo la nostra lotta con pistole e proiettili”.

di red. Al/Pi.

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