di Maurizio Sacchi
Da novembre, gli Stati Uniti hanno inviato più di 230 honduregni e salvadoregni in Guatemala, ai sensi di un accordo di cooperazione in materia di asilo, firmato a luglio dall’ex presidente guatemalteco Jimmy Morales. Secondo il cosiddetto accordo “terzo paese sicuro“, i funzionari statunitensi dell’immigrazione possono inviare migranti di vari Paesi centroamericani in Guatemala, per chiedervi asilo, o tornare a nel loro paese d’origine.
Il nuovo Presidente del Guatemala, Alejandro Giammattei, che
Ma la base stessa dell’accordo ha suscitato critiche diffuse, in America centrale e negli Stati uniti. I gruppi per i diritti umani hanno più volte fatto notare che il Guatemala – il principale Paese di origine di migranti e richiedenti asilo arrestati al confine meridionale degli Stati Uniti – non è un Paese sicuro per chi fugge dalla violenza e dalla povertà.
Alejandro Giammattei, del partito di destra Vamos, medico ed ex-direttore del sistema carcerario, ha prestato giuramento il 20 gennaio per un mandato di quattro anni. “Questo è il momento di salvare il Guatemala dall’assurdo. È il momento di combattere la corruzione e la malnutrizione. Governeremo con decenza, con onorabilità e con valori etici”, ha dichiarato Giammattei nel suo primo discorso da presidente.
Designare le bande di strada come gruppi “terroristici” è una delle riforme promesse da Giammattei. Una misura che
In prima linea in questo fronte di guerra sono le donne e le bambine. L’ Italia finanzia interamente un programma di aiuti diretto proprio alle donne centroamericane, che batte bandiera delle Nazioni unite, dal nome “Donne, economia locale e territorio”
-Melyt il suo nome ufficiale-, che si impegna a creare condizioni di vita accettabili per quelle che sono le prime vittime di questo conflitto, che fa della regione mesoamericana una delle aree più violente del mondo, insieme a Siria, Afghanistan e Iraq.
Secondo uno studio pubblicato di recente da Melyt, solo il 20 percento di coloro che si mettono in marcia per gli Stati uniti riesce attualmente a stabilirvisi. E di essi, più della metà sono donne. L’ 80 percento prima o poi sarà destinato a ritornare in queste terre, sotto la doppia minaccia di governi violenti e corrotti, e del regno di terrore instaurato dalle maras.
nell’immagine da Wikipedia, il membro di una mara. Sopra il neo presidente