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Cina, clima e Cop26 a Glasgow

di Maurizio Sacchi

La Conferenza delle parti sul cambiamento climatico delle Nazioni unite, COP26, parte  il 31 ottobre a Glasgow, in Scozia, dopo il  rinvio per la pandemia del 2020.  Un evento epocale, che prevede quasi 30.000 visitatori ufficiali che resteranno nella città scozzese per un periodo di due settimane. Per accogliere questo enorme afflusso di ospiti, due gigantesche navi da crociera sono state noleggiate per ospitare, attraccate al porto di Glasgow, la massa dei partecipanti.  Tuttavia,il leader cinese, Xi Jinping, non parteciperà personalmente all’evento. La mancata partecipazione di Xi ha portato agli inevitabili titoli dei media sulla Cina che “snobba la COP26”, ma la non partecipazione del leader cinese non è davvero una sorpresa.

A dieci  giorni dall’inizio della COP26 la Cina è sotto severa osservazione, anche prima della mancata partecipazione di Xi all’evento.  Secondo Ed Miliband, ex leader del partito laburista, la recente decisione della Cina di aumentare la produzione di carbone al fine di alleviare la carenza di energia della crisi del Paese è da valutare “profondamente preoccupante”.  In un discorso alla conferenza annuale del partito laburista.  Gli attacchi alla Cina si sono appuntati sulle recenti azioni di Pechino nella gestione della crisi energetica seguita al Covid-19, viste come una marcia indietro rispetto alla promessa di Xi di raggiungere il picco delle emissioni entro il 2030.  Questo anche in seguito al discorso del Primo ministro cinese Li Keqiang alla Commissione nazionale per l’energia del 9 ottobre, che richiedeva un riesame dell’uso del carbone alla luce delle attuali carenze energetiche e di aumentare la produzione di carbone a breve termine per alleviare una crescente carenza di energia.

Ma secondo Silk Road Briefing si tratta di un’analisi errata. In un dettagliato studio, l’agenzia, che conta  28 uffici in tutta l’Asia e assiste gli investitori stranieri il’area, mette in luce altri fatti che cambiano prospettiva. In effetti, l’attuale crisi energetica cinese, che ha determinato un rallentamento nella crescita economica,  è il risultato della chiusura da parte di Pechino di una notevole quantità di produzione di carbone nell’ultimo anno.  Questo come parte della sua agenda volta a ridurre le emissioni di carbonio al 60-65% dei livelli del 2005 entro il 2030. Le stime del contributo del carbone alla produzione totale di elettricità di quest’anno si aggirano intorno al 58 percento, dato comunque  in calo rispetto al 61% del 2020.

Per quanto riguarda i due altri maggiori emettitori di gas serra del mondo, gli Stati uniti e l’India, la riduzione delle emissioni di carbonio degli  Usa sarà del 50-52% sotto i livelli del 2005, entro il 2030: un obiettivo meno ambizioso di quello della Cina. Anche l’’obiettivo dell’India per il 2030 è inferiore a quello della Cina, al 33-35 percento  dei livelli del 2005. Ma sia per Nuova Dehli sia per Pechino si tratta di promesse non ufficiali, e non di impegni vincolanti. Nel presentare un quadro aperto ed equilibrato dei principali emettitori globali di gas serra, si dovrebbe sottolineare che la Cina è la maggior responsabile, con il 24% del totale mondiale nel 2018, mentre gli Stati uniti e l’India hanno contribuito rispettivamente con il 12% e il 7% in quell’anno.

La Cina rappresentava nel 2020 il 53 percento  della produzione mondiale di energia a carbone. Eppure, la sua dipendenza del 6 percento  dall’elettricità alimentata a carbone in quell’anno era inferiore a quella di molte altre grandi economie in via di sviluppo.  Per esempio, l’energia generata dal carbone dell’India era più alta, al 71 percento, quella dell’Indonesia al 60, quella della Polonia e del Kazakistan al 70 ciascuno, e il Sudafrica detiene il record con l’86 percento. Ma tutti questi dati andrebbero reinterpretati se anziché fare un raffronto fra nazioni, si calcolasse il tasso di emissioni per abitante, anziché fare confronti fra Paesi.

Ma la vera soluzione sta evidentemente nello sviluppo delle enregie rinnovabili, e la Cina è il più grande produttore di energia rinnovabile del mondo, avendo più del doppio della produzione degli Stati Uniti. L’India è al sesto posto con un quinto della capacità di generazione di energia rinnovabile della Cina. Il problema per la Cina è che malgrado questo incremento dall’energia rinnovabile, l’aumento del consumo energetico interno causato dalla sua crescita economica, e dal miglioramento delle condizioni di vita di un numero crescente della sua sterminata popolazione ha reso insufficienti queste nuove fonti   L’emergere della Cina dalla pandemia, con la conseguente domanda di energia che ne è seguita, ha solo esacerbato il problema.

Sulle polemiche causate dalla mancata presenza di Xi Jingping a Glasgow, occorre notare che la strategia cinese per il controllo del clima si sta spostando verso una serie più bassa ma intensa di impegni internazionali e conversazioni individuali con i leader mondiali. Di fatto, durante la settimana iniziata l’11 ottobre, Xi ha enfatizzato il tema del controllo del clima e dello sviluppo sostenibile praticamente in tutti gli incontri a cui ha partecipato. Il 15 ottobre, Xi ha parlato per telefono con il presidente del consiglio dell’UE, Charles Michel, per collegare la Belt and Road Initiative con l’iniziativa di connettività globale dell’UE.  Le proposte di Xi includevano la cooperazione sui cambiamenti climatici e la conservazione della biodiversità, e il sostegno ai Paesi in via di sviluppo per realizzare il prima possibile l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile.

Lo stesso giorno, Xi ha parlato con il primo ministro di Singapore, Lee Hsien Loong, sull’espansione della cooperazione nello sviluppo verde, nella finanza e nel cambiamento climatico. Il giorno prima, Xi ha tenuto un discorso alla cerimonia di apertura della Conferenza delle Nazioni unite sul trasporto sostenibile globale.  Uno dei punti principali verteva sul mantenimento del ruolo  delle Nazioni unite come organo centrale per l’attuazione dell’Agenda Onu 2030 per lo sviluppo sostenibile. Il 13 ottobre Xi ha tenuto una videoconferenza con il cancelliere uscente tedesco Angela Merkel, dove, entrambi hanno parlato di esplorare nuove aree di cooperazione nella transizione energetica e nell’economia verde, ricevendo  l’apprezzamento della Germania per gli sforzi della Cina nell’affrontare il cambiamento climatico e proteggere la biodiversità.

All’inizio della settimana, Xi si è rivolto al 15° vertice dei leader della Convenzione sulla Diversità Biologica delle Nazioni unite, tenutosi attraverso un interscambio virtuale a Kunming, nel sud della Cina. in cui XI ha dichiarato che saranno presi accordi per promuovere una strategia di ristrutturazione industriale ed energetica che permetta uno sviluppo più vigoroso dei progetti di energia rinnovabile.  Questo includerebbe la costruzione di centrali eoliche e solari su larga scala nel Gobi e negli altri deserti della Cina.   Nel lanciare una serie di iniziative per il controllo del clima, Xi ha anche  annunciato la creazione di un nuovo fondo Kunming per la biodiversità da 233 milioni di dollari per sostenere la conservazione nei Paesi in via di sviluppo.

Nella foto di Albert Hyseni per Unsplash, una miniera di carbone

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