di Maurizio Sacchi
Anche nella “guerra commerciale” tra Usa e Rpc il nuovo stile negoziale di Donald Trump, di cui si è avuto un assaggio nell’incontro col presidente coreano Kim, prevede di “alzarsi dal tavolo” se le condizioni non lo soddisfano. E ha già minacciato di farlo anche nei prossimi colloqui con la Cina di Xi Jinping. Ma stavolta il colosso asiatico reagisce con durezza. I fatti: in risposta alla accettazione da parte dell’autorità giudiziaria canadese della richiesta di estradizione presentata dagli Usa, la dirigente del gigante tecnologico cinese Huawei ha citato in giudizio il Canada. Venerdì scorso la signora Meng ha presentato un ricorso civile contro il governo, l’agenzia di frontiera e la polizia del Canada per “gravi violazioni” dei suoi diritti civili, lo stesso giorno in cui il Canada ha aperto ufficialmente il processo di estradizione di Meng Wanzhou negli Stati Uniti.
Ma ieri anche il governo cinese si è mosso : e con le maniere
La richiesta della signora Meng – presentata venerdì alla Corte Suprema della Columbia Britannica – chiama in giudizio la Royal Canadian Mounted Police (RCMP), l’Agenzia canadese dei servizi di frontiera (CBSA) e il governo federale per aver violato i suoi diritti civili, secondo la Carta dei diritti e delle libertà del Canada. Dice che gli agenti della CBSA l’hanno trattenuta, perquisita e interrogata all’aeroporto, con falsi pretesti, prima di essere arrestata dall’RCMP. La sua detenzione è stata “illegale” e “arbitraria”, dice la nota, e gli ufficiali “intenzionalmente non le hanno comunicato le vere ragioni della sua detenzione, il suo diritto all’assistenza legale, e il suo diritto al silenzio”.
La signora Meng, 47 anni, apparirà in tribunale domani, quando verrà confermato che il Canada ha emesso un documento legale sulla sua estradizione negli Stati Uniti. Sarà poi fissata una data per un’udienza di estradizione. Ma questa è ancora la fase iniziale. Un giudice deve autorizzare l’estradizione, e il ministro della Giustizia deciderà se consegnarla agli Stati Uniti. Ma anche contro questa decisione è possibile ricorrere, e processi di questo tipo si possono protrarre per anni.
La Huawei si è mossa direttamente contro il governo degli Stati uniti, contro cui prevederebbe di annunciare una causa giovedì prossimo, riferisce il New York Times. Huawei si starebbe preparando a citare in giudizio il governo degli Stati Uniti in un tribunale del Texas, contestando una nota della National Defense Authorization Act (NDAA), firmata lo scorso anno, che Pechino aveva condannato come intenzionalmente ostile alla Cina, e che invitava a controllare i contratti del governo degli Stati Uniti con compagnie cinesi, tra cui Huawei, rendendo più duri i controlli sulle proposte di investimento straniere.
Secondo iI South China Morning Post, quotidiano in inglese di Hong Kong, il veto a Huawei di Trump colpirà i vettori statunitensi di tecnologia avanzata, tra cui il cruciale 5G, di cui Huawei è leader mondiale. Il Scmp sostiene che la sostituzione delle attrezzature costerà “milioni”. Huawei ha rifiutato di commentare. Ha invitato i media internazionali a una conferenza stampa nella sua sede nella città costiera cinese di Shenzhen proprio giovedì.
Sul prossimo meeting Trump-Xi Jinping si addensano dunque
Nelle immagini: Meng, Trump, Xi