Questo articolo di Miriam Rossi, che riepiloga le tragiche vicende congolesi è stato scritto alla vigilia di un tavolo negoziale a Luanda che è purtroppo saltato. L’Alleanza del fiume Congo (Afc) – piattaforma politica che riunisce diversi gruppi armati, tra cui i ribelli del Movimento 23 marzo (M23), sostenuti dal Ruanda – ha annunciato infatti che non parteciperà ai colloqui diretti con il governo di Kinshasa che avrebbero dovuto prendere il via oggi nella capitale angolana. L’articolo però ricostruisce un contesto su cui è utile ragionare
di Miriam Rossi
La Repubblica Democratica del Congo (RDC) è nel caos e non è una novità. Il generale status di insicurezza si è trasformato in caos sotto i riflettori internazionali a seguito dell’occupazione delle regioni orientali del Paese da parte dei miliziani di M23, supportati da circa 4mila militari ruandesi. Prima Goma il 27 gennaio scorso, poi Bukavu il 17 febbraio, rispettivamente capoluogo del Nord e del Sud Kivu. Una carneficina di oltre 7mila morti secondo fonti congolesi, accompagnata da violenze, stupri e distruzioni di ogni genere, e oltre 100mila sfollati quasi tutti diretti verso il Burundi, col rischio di innescare una escalation della conflittualità regionale mai sopita. Va considerato, infatti, che il Burundi a partire dal 2023 ha inviato circa 10mila militari nell’est della RDC in sostegno alla lotta contro gli oltre 100 gruppi armati che imperversano nel territorio, così anche da arginare il flusso copioso di rifugiati. Gli sfollati vanno ad aggiungersi ai circa 400mila profughi in fuga dalle violenze in Congo già all’inizio di quest’anno e, sempre secondo fonti delle Nazioni Unite, si calcolano quasi 7 milioni di sfollati interni del Congo. Di alcuni di questi fatti, degli attori sul campo e delle ragioni economico-commerciali alle origini delle azioni del M23 Unimondo aveva già fornito un quadro in un precedente…. continua su Unimondo