Nel 2001 Giovanni Bensi pubblicò un dotto saggio sulle radici ideologiche dei Talebani che non ebbe sfortunatamente una grande eco. Quel libro, valido vent’anni fa come oggi, spiegava bene quel che molti ignorarono, a cominciare dalle differenze profonde tra Al Qaeda e il movimento di ispirazione Deobandi, una scuola di pensiero islamista e fortemente anticoloniale nata verso la fine dell’Ottocento nell’India britannica. L’editore Luni lo ha adesso ripubblicato, a cura di Isabella Doniselli, nella collana Biblioteca Icoo grazie alla collaborazione con la Biblioteca-Archivio del Csseo di Levico diretto da Fernando Orlandi che ne ha scritto l’introduzione restituendo a Bensi la statura che merita. Luni ha affidato a Giuliano Battiston ed Emanuele Giordana una lunga postfazione che aggiorna il libro di Bensi al 15 agosto 2021, alla conquista o meglio riconquista del potere in Afghanistan da parte del movimento fondato da mullah Omar alla fine del Novecento. Pubblichiamo qui il primo capitolo della parte curata dai due giornalisti che conoscono bene l’Afghanistan su cui hanno già scritto diversi saggi e numerosi articoli per il manifesto e cui si devono gli aggiornamenti annuali della scheda Afghanistan sull’Atlante delle guerre e dei conflitti nel Mondo.
Battiston e Giordana presenteranno il volume a Roma giovedi 9 dicembre alle ore 19 al circolo Arci/Sparwasser di via del Pigneto 215. Condurrà la serata Marina Forti, vice direttrice della Scuola di giornalismo della Fondazione Basso
di Giuliano Battiston ed Emanuele Giordana
“Con l’aiuto di Allah la vittoria è vicina”. “Nasr-u min-Allah wa fath-u qarîb”. Il testo di Giovanni Bensi dedicato ai Talebani si apre con un motto – parafrasi di un’espressione riportata in molti versi del Corano – che figura sui ritratti di Osama bin Laden durante alcune dimostrazioni in Pakistan dell’ottobre 2001. Sono i giorni in cui, al di là della Linea Durand, il primo Emirato islamico d’Afghanistan viene rovesciato militarmente dagli Stati Uniti. Venti anni dopo, sull’Arg, il palazzo presidenziale di Kabul, sventola una bandiera bianca con scritte nere. Le scritte recitano la shahada, la professione di fede islamica. La bandiera è quella dei Talebani. Tornati al potere dopo venti anni di jihad e una rapida offensiva militare sui centri urbani culminata il 15 agosto 2021 con la caduta senza spargimento di
La bandiera dei Talebani è stata issata l’11 settembre 2021, in occasione del ventennale dagli attentati alle Torri gemelle di New York e al Pentagono a cui Washington ha risposto con una rappresaglia che ha rovesciato il primo Emirato, parte di una più ampia strategia muscolare, la War on terror, il più importante paradigma della politica estera
Senza consenso, legittimità e radicamento sociale, la Repubblica islamica d’Afghanistan è implosa in pochi giorni, dopo un’attenta strategia diplomatica con cui i Talebani hanno siglato patti interni di non belligeranza e accordi regionali di non ostilità. La velocità del collasso istituzionale, sorprendente perfino per i Talebani, ha avuto l’effetto di un cataclisma per istituzioni, politica, economia, società. Gli effetti di questa repentina conquista del potere si depositeranno negli anni a venire. Come per il crollo delle Torri gemelle, occorrerà rimuovere le macerie prima di comprendere la portata dei danni e delle conseguenze, che non riguardano soltanto le macerie materiali di venti anni di duro conflitto, tra i più letali al mondo.
Intanto i Talebani sono al potere e provano a governare. Il 7 settembre 2021 hanno annunciato il nuovo esecutivo, a interim. Senza Costituzione, senza cerimonia ufficiale di insediamento, a dispetto di alcune nomine il governo del
Quello dei Talebani è un governo teocratico, a prevalenza pashtun, emblema di continuità e “resilienza” del movimento e della sua leadership. La vittoria dei Talebani è netta e coincide con il fallimento della War on terror degli Stati Uniti e con l’idea di esportare la democrazia con le armi. Ma è una vittoria che nel lungo termine potrebbe rivelarsi fragile. La “fine della guerra” e la stabilità annunciata dal portavoce del movimento Zabihullah Mujahed, ora vice-ministro dell’Informazione, potrebbero essere una parentesi. Al fondo, restano infatti troppi nodi irrisolti.
Il primo è un nodo “interno”. Un dilemma esistenziale. Se vogliono sopravvivere come movimento, i Talebani devono
Attraversato da dissidi interni, finora sempre ricondotti a principi di coesione, il movimento dei Talebani dovrà affrontare poi un’altra sfida, non meno importante. Non più – almeno nel breve termine – il conflitto militare, ma il
Giovanni Bensi
I Talebani
prefazione di F. Orlandi
postfazione di G. Battiston ed E. Giordana
Luni Editore
pp 80
euro 14,00
Le immagini a corredo del testo: la copertina del libro, una mappa (Onu) dell’Afghanistan, uno scatto di G. Battiston a Ghazni nel novembre scorso, la bandiera dei Talebani e oggi dell’Emirato, i due autori durante una presentazione in Sicilia