Criticare il re costa un partito

La Corte costituzionale della Thailandia ha deciso la dissoluzione del Move Forward Party vincitore delle ultime elezioni: lesa maestà

di Emanuele Giordana

Una sentenza attesa e che purtroppo ripete un copione più volte utilizzato in Thailandia quando un partito minaccia poteri consolidati e il ruolo di una delle più longeve monarchie del pianeta. Che è vietato criticare anche baldamente. Così ieri la Corte costituzionale thai ha deciso la dissoluzione del Phak Kao Klai, noto anche come Move Forward Party, guidato da Pita Limjaroenrat, il giovane imprenditore progressista che nelle ultime elezioni politiche gli aveva fatto guadagnare il primo posto come numero di voti. Ma la sentenza sulla messa al bando, che Pita e compagni già erano preparati ad affrontare, contiene anche una direttiva che allontana lui e il direttivo dalla politica per dieci anni. Sapendo che Pita si stava già organizzando per guidare una nuova organizzazione, i giudici hanno pensato bene di farlo fuori dall’agone. Non c’è posto né per il Partito né per i suoi dirigenti. Anche se gli esclusi han promesso battaglia, forti di 148 deputati di cui messi al bando sono solo cinque. Spetterà a loro creare un nuovo partito per continuare.

Alla base della decisione dei nove giudici della Corte c’è il famoso articolo 112 del codice penale che riguarda il reato di lesa maestà. La più draconiana legge al mondo che riguarda il reato di diffamazione di un monarca. Pita non voleva cambiare le regole del gioco ma rendere meno assurda una legge che può costare per una frase 15 anni di carcere. Ma una citazione depositata in tribunale ha fatto partire l’iter per definire se la campagna di riforma resa nota prima del voto fosse o meno costituzionale. Era il via libera al dissolvimento del partito. Una cosa già vista con altri organismi come il Phak Anakhot Mai – o Future Forward Party – dissolto nel febbraio 2020 dopo la buona performance alle legislative del 2019. Pita ne aveva raccolto il testimone.

Sempre nel 2020 Pita e altri del Future Forward fondano il Move Forward, successore de facto del partito dissolto del quale impugnano la stessa agenda politica che li fa vincere oltre il 36% dei voti alle elezioni generali del 2023 con cui guadagnano 151 seggi alla Camera Bassa. Pita è ovviamente il premier designato avendo vinto il suo partito il maggior numero di voti (nelle città e fra i giovani). Ma arriva la prima tegola e Pita viene congelato come parlamentare per via di un cavillo giudiziario da cui poi sarà assolto. Intanto però il suo maggior alleato, il Pheu Thai della famiglia Shinawatra, lo tradisce e si allea coi militari usciti con le ossa rotte dalle urne. Dopo, si trattava di mettere in difficoltà i suoi parlamentari e di allontanare Pita e il direttivo del partito dalla scena politica. Missione compiuta. Quanto potrà durare il giochino?

Appena dopo la dissoluzione del partito si parla infatti già del nuovo anche se, specula la stampa locale, non è chiaro quanti parlamentari resteranno fedeli a Pita né che ruolo potrà avere lui o altri leader come Chaithawat Tulathon che in una conferenza stampa ieri ha affermato che la sentenza mette anche a rischio l’attuale sistema democratico “trasformandolo in un altro sistema”. Non è difficile immaginare a cosa si riferisca. E mentre il partito al bando pensa già a una nuova sede e a un nuovo nome, le speculazioni si sprecano: ieri il primo ministro Srettha Thavisin – in quota Pheu Thai – ha detto di non sapere nulla delle manovre di qualche ministro per convincere i parlamentari del Move Forward a cambiare schieramento. Più che convinti sarebbero comprati visto che si parla di 20-30 milioni di baht (500-800mila euro) per cambiare casacca. La cosa comunque non è passata inosservata e la notizia del bando campeggia sui giornali di tutto il mondo. Non una bella pubblicità per la Thailandia.

In copertina: Pita (shutterstock_2302191337.jpg)

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