dall’inviato a Padova, Elia Gerola
“Dalle minacce nucleari al diritto umano alla pace” di questo si è discusso il 26 marzo a Padova, nell’ambito di una giornata di conferenze e dibattito promossa dal Centro di Ateneo per i Diritti Umani “Antonio Papisca”, dell’Università di Padova.
La parola disarmo si lega a quella nucleare, ed alle locuzioni sicurezza internazionale e diritto alla pace, spiega il padrone di casa, il professor Mascia. Come realizzare però una pace universale, duratura e positiva, ovvero stabile e non qualificabile come mera assenza di guerra ma pienezza dei diritti e della dignità umana? L’articolo 1 della “Dichiarazione Universale dei Diritti Umani”, continua, sembra essere inequivocabile in questo senso, è necessario dare piena realizzazione al diritto
La teoria è una cosa, i fatti sono però altri. La pace infatti va costruita, agendo su più dimensioni: politica, istituzionale, giuridica, economica e politica. Condizione per la pace internazionale e per la rinuncia agli eserciti nazionali, sarebbe per Mascia, l’istituzione di un sistema di sicurezza collettiva sovranazionale. Le Nazioni Unite dovrebbero quindi essere democratizzate ed il loro mandato, già codificato nella loro carta fondamentale, pienamente realizzato e possibilmente revisionato. Il professore suggerisce infatti come la strada per raggiungere una pace mondiale non possa che passare attraverso la creazione di un esercito mondiale, realizzato tramite quella che definisce “onuizzazione” degli attuali eserciti nazionali, riconvertiti in un’unica forza sovranazionale in capo all’Onu. L’importante sottolinea, sarebbe la sostituzione, e non la mera aggiunta, di questo esercito a quelli nazionali, cosicché, rinunciando alla sovranità militare nazionale, il monopolio della forza militare possa essere detenuto da un unico organo super partes comune. A ciò, per raggiungere una vera equità e democraticità, si dovrebbe aggiungere una vera riforma istituzionale delle Nazioni Unite.
Il disarmo nucleare completo è quindi fondamentale, è un passo che permetterebbe di eliminare e bandire, come chiede da anni l’ICAN, quelle che storicamente sono considerate le armi con il più elevato potenziale mortifero e distruttivo delle quali l’uomo si sia mai stato dotato. E’ un passaggio che
Il dialogo tra Corea del Nord e Usa, avviato da poco più di un anno dall’amministrazione Trump, ha proseguito il diplomatico italiano, ha il merito di aver spezzato una retorica sino a poco prima assente o meramente avversariale. Ora, grazie a Trump, un dialogo c’è, tuttavia aggiunge, i meriti dell’amministrazione si fermano qui, poiché sembra essere incapace di mettere veramente a frutto quest’occasione unica, e realizzare l’agognata denuclearizzazione della penisola coreana. L’ultimo incontro di Hanoi, si è infatti concluso con un nulla di fatto. Certamente continua Trezza, il ritrovato dialogo tra le due Coree e la possibilità di riappacificazione sono oggi possibili, sia grazie all’apertura del democratico, Presidente della Corea del Sud, Moon Jae-in, sia grazie ai toni meno duri dell’alleato statunitense.
Il ritiro Usa, sempre voluto da Trump, dall’accordo sul nucleare iraniano (JCPOA), sembra invece sprecare un’occasione unica. Questa è invece la conclusione alla quale arriva Nicola Cuffaro Petroni, docente dell’Università di Bari Aldo Moro, al termine di una più articolata analisi storico-politica della cosiddetta questione iraniana. Semplificando, l’accordo prevedeva la rinuncia allo sviluppo del nucleare militare da parte della Repubblica Islamica Iraniana. In cambio, le autorità occidentali avrebbero dovuto scongelare i conti esteri iraniani e rimosso le sanzioni economiche che penalizzano da anni la bilancia commerciale di Teheran. La decisione di Trump è del tutto legittima, basti pensare, ricorda Petroni, che l’accordo non è legalmente vincolante, ma un semplicemente impegno politico. Rappresenta tuttavia un passo indietro. Da una parte gli Stati Uniti hanno perso credibilità, rimangiandosi la parola data, dall’altra vi è il rischio di danneggiare ulteriormente la già precaria situazione economica iraniana, basti pensare ad esempio alle proteste del luglio scorso. Così il malcontento popolare tenderà a montare e trovare una rappresentanza politica non più moderata, ma oltranzista, che potrebbe decidere veramente di optare per il nucleare militare.
Il futuro nell’ambito del controllo degli armamenti? Fosco. La causa principale sarebbe stata l’accelerazione ancora una volta impressa da Trump, nel ritiro degli Usa dal trattato Inf. Questo è quanto emerge invece dall’analisi di Alessandro Pascolini, professore universitario e Vice Presidente dell’ISODARCO, che sottolinea come le condizioni per la rinegoziazione di un nuovo trattato sembrino essere attualmente inesistenti e anzi, sembrerebbe che entrambi gli Stati: Usa e Russia, si siano in realtà levati un intralcio giuridico. L’Inf ha infatti impedito loro lo sviluppo di missili a corto/medio raggio con capacità di trasporto nucleare basati a terra dagli anni Ottanta fino ad oggi. Ma perché questo trattato è stato una pietra miliare del regime di controllo degli armamenti nucleari? Ne abbiamo parlato nel nostro articolo: “Trump sbatte la porta”.
La chiosa della mattinata è invece stata affidata alla professoressa Eleonora Sirsi. I suoi spunti sono interessanti e taglienti, ricorda come di fatto in Italia vi sia un articolo costituzionale, l’articolo 11 che afferma proprio che la Repubblica ripudia la guerra, ma come questo per essere
Dopo il dibattito la sessione mattutina si chiude, siamo tutti consci che c’è ancora molto da fare, reclamando nelle sedi internazionali un cambio di rotta, scendendo in piazza pacificamente, studiando, scrivendo o leggendo articoli, e partecipando a conferenze come quella di Padova.
L’articolo racconta la prima parte della giornata, seguirà racconto sulla seconda, dove si è invece parlato della “Campaign to stop killer robots”, promossa tra gli altri da USPID e Rete Disarmo.
*Immagine di copertina è presa dal siti del Centro di Ateneo per i Diritti Umani Antonio Papisca dell’Università di Padova.