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I molti tavoli di Macron

da Maurizio Sacchi da Parigi

Il Presidente francese Emmanuel Macron é impegnato in un frenetico attivismo sul piano internazionale. Ma è un agitarsi che non riesce a nasconderne la debolezza sostanziale. Appena  tornato da Washington, dove ha incontrato Donald Trump, ha convocato un incontro a Parigi con il Primo ministro del Regno Unito Keir Starmer, il Cancelliere tedesco Olaf Scholz, la premier italiana Giorgia Meloni, il Primo ministro polacco Donald Tusk,  il Primo ministro spagnolo Pedro Sanchez , il Premier olandese Dick Schoof, il Primo ministro danese Mette Frederiksen, Rutte della NATO, la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il Presidente del Consiglio europeo Antonio Costa. 

La debolezza delle proposte di Macron emerge soprattutto sulla questione dell’invio di truppe di peacekeeping in Ucraina, dopo la firma di un ipotetico accordo. Il Regno Unito e la Francia guidano i Paesi a favore di tale iniziativa. Italia, Spagna e Polonia (che ha l’esercito più grande dell’UE), hanno mostrato la loro riluttanza. Scholz, ormai ex leader tedesco, dopo la vittoria di Fiederich Merz alle elezioni di domenica scorsa,  si era detto perplesso sull’invio di truppe di peacekeeping in un territorio ancora in guerra. Pare improbabile, e forse inattuabile, l’invio di truppe europee in Ucraina. Il blocco sta attualmente lavorando a un nuovo fondo comune per fornire all’Ucraina aiuti, come artiglieria, sistemi di difesa aerea e attrezzature per l’addestramento, nel breve termine. Il valore esatto del fondo dovrebbe essere concordato il 6 marzo. Il sostegno collettivo dell’Europa (132 miliardi di euro) ha da tempo superato quello degli Stati Uniti (114 miliardi di euro), smentendo la tanto ripetuta affermazione di Trump secondo cui gli Usa avrebbero contribuito con 350 miliardi di dollari (333 miliardi di euro).  La posizione favorevole a Trump dell’Ungheria rischia di far deragliare l’unanimità necessaria per approvare il fondo comune. Costa si è recato a Budapest martedì per incontrare il primo ministro Viktor Orbán, il cui governo ha chiesto a Bruxelles di astenersi dall’adottare iniziative che potrebbero minare i colloqui tra Stati Uniti e Russia.

Sul piano nazionale, Macron affronta un’altra sfida. L’immigrazione. La  Francia si trova in una situazione del tutto nuova, e difficile da interpretare: per la prima volta nella storia della Repubblica, in un solo anno si sono alternati ben quattro Primi ministri. Qui Macron, dopo la vittoria il 7 luglio del Nuovo Fronte Popolare, giunto primo per numero di seggi, ha formato una serie di governi che escludono proprio la formazione di Mélenchon.  Contando sulla coalizione  presidenziale di Ensemble, e costretto a  fare i conti con alleanze fragili,  Macron è sotto gli attacchi del Rassemblement National – Unione dell’Estrema Destra, che seppur uscita solo terza alle elezioni, potrebbe uscire vincitrice alle presidenziali del 2027.  Di questo parliamo con un piccolo gruppo di persone che preferiscono l’anonimato: tra loro Michel O., alto funzionario della mitica Amministrazione pubblica d’Oltralpe, che ben conosce la macchina dello Stato. Michel, giovane gollista durante il Maggio’68, che ha poi votato socialista durante tutta l’era Mitterand e infine ha dato fiducia a Macron che ora, dice,è riuscito nell’impresa di “deludere tutti”. L’esclusione della France Insumise -la sinistra- dal Governo aveva l’intenzione di arginare l’ascesa della Le Pen. Ma la fragilità del progetto si dimostra ogni giorno di più. Il sintomo più evidente sta proprio in questo continuo cambio di Primi ministri. Un’altra amica presente, Marie-Claude, anch’ella quadro dell’amministrazione, e comunista di vecchia data, commenta: “come in Italia”, e mi cita una frase di Umberto Eco, secondo cui l’Italia, da Mussolini a Berlusconi, sarebbe il laboratorio per i modelli politici peggiori, da esportare poi ovunque…

La pietra d’inciampo dell’attuale governo Bayrou é, senza sorprese, l’immigrazione.Il diritto di nascita, che consente a un bambino nato in Francia di essere francese una volta raggiunta la maggiore età, a condizione che vi abbia risieduto per almeno cinque anni, fa parte della storia del Paese da secoli. Il 6 febbraio, il ministro della Giustizia, Gérald Darmanin, ha dichiarato  di essere favorevole a limitare la cittadinanza per nascita non solo a Mayotte ma anche nella Francia metropolitana. Mayotte é l’unica isola dell’arcipelago delle Comore a far parte della Francia. Dal 31 marzo 2011, grazie al referendum del 29 marzo 2009, Mayotte è il 101º dipartimento francese. E da tempo è gremito di migranti, dalle altre isole dell’arcipelago ma non solo, che sperano così di ottenere la cittadinanza francese. Un caso simile è quello della Guyana francese, che per di più ha una frontiera di più di 1.000 chilometri con il Brasile. In seguito alle dichiarazioni del ministro della Giustizia Gérald Darmanin, si è aperta una frattura all’interno del governo tra l’ala destra e l’ala sinistra, mettendo in crisi il capo del governo, François Bayrou. E aprendo alla possibilità di un ulteriore crisi di governo. L’aggettivo ricorrente fra i miei ospiti sulla situazione della Francia è: “caotica”.

Nell’ultima ora del’incontro con questo gruppo di amici chiedo qualche opinione sulla posizione della Francia rispetto alle crisi sul piano internazionale. Qui lo scetticismo è generale, e difficile è dar loro torto. Al momento di salutarci, M. O. conclude, citando Gramsci: “occorre avere il pessimismo dell’intelligenza, e l’ottimismo della volontà”. Certamente è un modo di salutarci con un po’ di speranza, ma anche un omaggio alle mie radici. Anche se, a sua volta, Gramsci citava Romain Rolland, scrittore e drammaturgo francese, premio Nobel per la Letteratura nel 1915.

Nell’immagine, Macron con Trump alla Casa bianca  ( Fonte: White House)

 

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