Il campione Marco Rubio

Chi è e come lavora il cavallo di Troia della politica estera trumpiana

di Andrea Cegna da Città del Messico

L’assalto al Latino America, i dazi alla Cina, le minacce all’Europa. Il secondo governo Trump è iniziato nel segno della spregiudicatezza, delle scelte a sorpresa e dell’arroganza. Trump fa il magnate, più che il politico, tanto che esperti ed esperte di politica ed economia scuotono la testa. I dazi minacciati a Canada e Messico avrebbero rischiato di distruggere l’economia statunitense, forse lo sapevano anche nei Paesi vicini ma sia Sheinbaum che Trudeau hanno “preferito” sedersi al tavolo delle trattative e “salvare” l’impianto neo-liberista che governano. I dazi avrebbero di fatto cancellato i trattati di libero commercio, il protezionismo avrebbe aperto ad una nuova fase.

Forse questo Trump lo sapeva, e alla fine lui, Sheinbaum e Trudeau passeranno come quelli che si sono accordati per combattere il crimine organizzato e il traffico di droga, come se è la militarizzazione dei confini o l’inserimento di gruppi criminali in liste internazionali a cambiare il solco di una vicenda che collude economie legali, illegali, politica e forze armate. Il braccio destro di Trump in questa mission neocolonialista-aziendalista è Marco Rubio, figlio cubani emigrati negli States. Rubio ha creato la sua carriera politica vendendosi come figlio di persone “scappate” da Cuba dopo la vittoria di Fidel e della rivoluzione, ma la realtà è che i suoi genitori in Florida sono arrivati nel 1956, quando Fidel era ancora a Città del Messico e da li pianificava il ritorno a Cuba con la Granma. La storia è stata smascherata ma la retorica di Rubio non è cambiata e resta uno dei più accesi “contra” del governo dell’isola di Cuba e feroce attore del sogno neo-coloniale USA sull’America Latina.

E’ stato Rubio, lontano dai riflettori di Trump e dei dazi a girare il continente, Paese per Paese, Presidente per Presidente e a imporre accordi a vantaggio di Washington. Panama, El Salvador, Costa Rica, Guatemala e Repubblica Dominicana hanno “accettato” le proposte degli Stati Uniti sulla deportazione dei migranti. Il Presidente di Panama, pare, abbia tenuto il punto invece sul futuro del Canale. I non detti sono importanti e se ci sono stati altri accordi, e quale tipo di accordi lo scopriremo nel prossimo futuro e sul Canale di Panama si potrebbe pensare che il viaggio di Rubio non servisse davvero per strappare la sua sovranità ma migliore accordi. E’ facile pensare che l’accordo sia che il Canale rimane ufficialmente sotto il controllo di Panama ma l’interesse a cui deve rispondere Panama è quello degli Usa, Stati Uniti che così avrebbero una posizione di vantaggio sulla Cina nonostante Pechino abbia l’egemonia sui più grandi porti del continente. Insomma operazione win-win dove il Presidente di Panama può dire di aver difeso la sovranità del sua paese e Rubio e Trump aver il controllo, anche se indiretto del Canale che congiunge i due oceani e i due lati del continente. Insomma operazione neo-coliniale.

Sul tema migranti c’è un grande però dei 925.085 migranti arrivati in Messico nel 2024, 444.536 arrivano da Venezuela, Ecuador, Colombia e Perù. Di questi, i venezuelani rappresentano la più grande diaspora da qualsiasi Paese, con 266.846 arrivi registrati tra gennaio e agosto dello stesso anno, secondo gli ultimi dati disponibili della Segob. Seguono gli ecuadoriani (92.487 migranti), i colombiani (59.434) e i peruviani (25.769 senza documenti). Le statistiche ufficiali consultate da Excélsior indicano che la migrazione irregolare dal Sud America ha già superato quella dall’America Centrale e dai Caraibi. Honduras, Guatemala, El Salvador e Nicaragua contano 243.318 arrivi, mentre Haiti e Cuba hanno registrato 68.927 arrivi. Insomma gli accordi con i paesi Centro Americani sul tema migranti, e le minacce previe fatte a Colombia e Messico, paiono più una scusa per trasformare nuovamente il continente nel giardino di casa di Washington e imporre le necessità economiche delle elites che sostengono Trump.

Il tutto avviene grazie alla compiacenza dei governi e/o alle fratture che i paesi latino americani vivono. Se coalizzati potrebbero rispondere agli Stati Uniti oggi, visto che la multi-polarità, anche a livello economico, ha trasformato le relazioni commerciali e molti paesi latino americani hanno oggi la Cina come primo partner commerciale. Ed è forse questo il motivo dell’accanimento di Trump, Rubio e Musk, una guerra senza confine con la Cina e spaccare definitivamente l’asse dei Brics….e forse anche in questo si può intendere il ponte che Trump sta aprendo con Putin. Ma anche dei dazi minacciati da Trump e sostenuti da Musk al Sud-Africa, minacce che hanno scatenato la reazione del Economic Freedom Fighters. “L’EFF e tutte le persone che sono state sotto il giogo dell’oppressione perpetuata dagli USA e dai suoi alleati, sono destinate ad essere naturalmente i nemici per eccellenza dei miliardari che tengono in ostaggio gli Stati, manipolano le narrazioni e abusano del loro controllo sui governi.

L’EFF coglie l’occasione per dire a Elon Musk e a tutti i suoi alleati negli USA, in Israele e ai gruppi di destra in Sudafrica mobilitati da Musk, di andare collettivamente all’inferno. Il principio rimane che l’uguaglianza in Sudafrica è radicata nella restituzione della terra al popolo sudafricano e questo sarà raggiunto attraverso l’espropriazione senza indennizzo”. Il viaggio di Rubio per il Latino America potrebbe aver avuto obiettivi diversi da quel di cui si è parlato e discusso e, come dicono diversi analisti, Rubio e Trump sono in perfetto accordo nell’idea di un neo-colonialismo-aziendalista che gli Stati Uniti devono garantire, non tanto per il popolo USA ma per l’interesse, politico-economico di chi sostiene il Tycoon, ovvero violenti imprenditori e neo/post fascisti.

 

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