Site icon atlante guerre

Il fronte libanese di Tel Aviv. Il punto

di Raffaele Crocco

Nelle cancellerie lo si dice a mezza voce: la vera “scheggia impazzita” nel Mondo, l’elemento che può modificare gli equilibri e farci rotolare verso la guerra è il governo israeliano di Netanyahu. Non ci sono più limiti alla sua azione. Lo raccontano i fatti. Gli attacchi in Libano sono diventati una realtà da quasi 600morti, almeno 50 i bambini. Sono stati uccisi dall’aviazione israeliana o dai colpi di artiglieria, in attacchi che stanno preparando il terreno, lo dicono i vertici dell’esercito israeliano, all’ingresso in Libano delle truppe di terra. Sarebbe l’ennesima, palese violazione del diritto internazionale messa in atto da Tel Aviv. L’obiettivo dichiarato è eliminare Hezbollah, la formazione politico religiosa sciita alleata dell’Iran. E’ lo schema di gioco usato a Gaza. Lì, per colpire Hamas, il grande nemico sunnita. I morti in Libano si aggiungono ai più di 40mila uccisi nella Striscia, anche qui in prevalenza donne, anziani e soprattutto bambini. E, intanto, i coloni israeliani lavorano alla pulizia etnica in Cisgiordania, conquistando sempre maggiore terreno e cacciando i palestinesi dalle loro terre.

In settimana, Netanyahu è stato chiaro: non si fermerà. Il capo del governo israeliano è ancora forte dell’appoggio degli Stati Uniti ed europeo. Il segretario di Stato statunitense, Blinken, ha spiegato che “Israele ha un legittimo interesse nel cercare di rimuovere Hezbollah dai confini Nord del Paese”. In parole povere, Blinken ha detto di considerare legittima l’invasione di un altro Stato sovrano, se questa invasione è utile a risolvere i propri problemi di sicurezza. E’ una posizione che, dovesse diventare dottrina politica accettata, potrebbe scatenare in poche ore più di una guerra in giro per il Mondo.

Nell’attacco al Libano sono morti anche due funzionari dell’Unhcr, l’agenzia dell’Onu per i rifugiati. Danni collaterali, evidentemente. Gli stessi che continuano a colpire la popolazione di Gaza, in un silenzio crescente dei mezzi d’informazione, distratti dall’azione sul Libano. Lì, a Gaza, l’azione militare israeliana continua e la situazione degli sfollati resta precaria. Tel Aviv, d’altro canto, ha per l’ennesima volta ignorato le scelte delle Nazioni Unite, che con una risoluzione approvata con 124 voti a favore e 43 astensioni – tra cui l’Italia – ha chiesto a Israele di porre fine alla presenza illegale a Gaza e in Cisgiordania. Il presidente statunitense Biden ha dichiarato che “una escalation militare in Medio Oriente è possibile” e ha rischierato truppe Usa a Cipro. Da ricordare che sono circa 40.000 i militari statunitensi in Medio Oriente, con basi in Iraq, Siria e nei paesi del Golfo Persico. Inoltre, c’è la portaerei Abraham Lincoln nel Golfo di Oman e la Harry S. Truman è salpata dalla Virginia per il Mediterraneo. Intanto, si tenta di capire quale sarà la reazione dell’Iran, sempre più esposto alle provocazioni israeliane. Per alcuni osservatori Teheran dovrà inevitabilmente scendere in campo e rispondere ai molteplici attacchi subiti da Israele, se non altro per una questione di prestigio internazionale. Il risultato sarebbe evidentemente tragico e pericoloso.

Come tragica e pericolosa è l’escalation militare in Ucraina, dove la guerra post invasione russa è arrivata a 946 giorni. La decisione del Parlamento europeo, votata a larga maggioranza, di autorizzare Kiev all’uso delle armi ricevute dagli alleati per colpire il territorio russo, ha fatto salire la tensione. Molti governi europei, e questo la dice lunga sul livello di coesione e coerenza politica dell’Unione, si sono dissociati dalla scelta del Parlamento di Strasburgo e non autorizzeranno l’uso delle proprie armi. Washington e Londra hanno chiarito di non avere dato alcuna autorizzazione sull’uso “offensivo” delle loro armi al presidente ucraino Zelensky. Ma intanto, Mosca ha reagito avvertendo di essere pronta a colpire l’Europa in qualsiasi momento, sentendosi aggredita. Aggressione che, sul terreno, è in atto nella regione di Kursk, dove le truppe ucraine continuano ad avanzare e i russi perdono terreno. Terreno che guadagnano, invece, in Ucraina. Vuhledar, considerata dagli ucraini una roccaforte, è sotto assedio e la pressione sulle linee di difesa di Kiev è costante. Il costo, in termini di vite umane, resta altissimo.

Se i due principali fronti dello scontro mondiale fra “filoamericani” e “antagonisti” diventano sempre più caldi, la partita del Risiko mondiale si gioca anche altrove. In Oriente, ad esempio, dove in settimana la Cina ha dichiarato legittimo il passaggio della portaerei Liaoning e del suo gruppo d’attacco navale tra le isole meridionali giapponesi di Yonaguni e Iriomote, vicino a Taiwan. “Sono attività militari conformi al diritto nazionale e internazionale”, ha spiegato il portavoce del ministero degli Esteri Lin Jian. Inoltre, Pechino ha annunciato l’adozione di sanzioni a carico di nove aziende statunitensi per la continua vendita di armi a Taiwan. E non rimane ferma nemmeno la Corea del Nord. La scorsa settimana, ha sperimentato quelli che Seul ha descritto come missili balistici multipli a corto raggio, nelle acque a est della penisola coreana. E’ ovviamente scattato l’allarme, che ha mobilitato i mezzi navali e di sorveglianza di Giappone Corea del Sud e Stati Uniti.

 

 

Exit mobile version