di Pietro Malesani da Berlino*
A Berlino fa freddo, davvero freddo. Nell’ultima settimana la capitale tedesca è stata colpita da un’ondata di gelo e ha visto le temperature toccare anche i meno dieci gradi, superando raramente lo zero. Forse dipende dal clima rigido, fatto sta che a Berlino è difficile vedere qualche traccia delle imminenti elezioni: per strada si notano i cartelloni dei vari partiti, ogni tanto si vede qualche volontario con un banchetto, ma nulla di più. Eppure, le elezioni che si terranno domenica 23 febbraio in Germania sono cruciali. Con ogni probabilità, il voto determinerà un netto spostamento a destra del Paese. E, soprattutto, l’estrema destra farà segnare il miglior risultato della propria storia.
Da settimane, i sondaggi mostrano una situazione abbastanza definita.
Al primo posto dovrebbe giungere la CDU, il partito conservatore che ha governato per gran parte del dopoguerra e che è stato all’opposizione nel corso dell’ultima legislatura. La formazione è molto diversa dall’addio di Angela Merkel, si è spostata decisamente a destra. Oggi è data attorno al 30 percento, parecchio al di sopra degli altri partiti, e potrà quindi scegliere il prossimo Cancelliere. Un ruolo che, a meno di sorprese, dovrebbe essere ricoperto dal suo candidato di punta Friedrich Merz.
Alle spalle della CDU c’è Alternative für Deutschland (AfD). Il partito di estrema destra è presente in Parlamento da ormai otto anni, ma nel frattempo si è radicalizzato. Ora esprime posizioni razziste e anti islam, mostra una forte ostilità verso i meccanismi democratici ed include al suo interno alcune frange di fatto neonaziste. Il partito punta in particolare sulla contrarietà all’immigrazione, ancor più forte nel Paese dopo alcuni attentati realizzati da persone con background migratorio: AfD chiede il rimpatrio di tutti coloro che sono in Germania in maniera irregolare, ma anche di coloro che hanno acquisito il diritto d’asilo e forse pure di coloro che hanno origini straniere.
I partiti di centrosinistra arrivano invece al voto affaticati dagli anni al governo. I socialdemocratici della SPD vanno incontro ad un risultato disastroso: potrebbero prendere il 15 per cento, ma i numeri non rendono l’idea di quanta poca fiducia esista nei confronti del partito. I Verdi arriveranno probabilmente poco dietro ed hanno perso meno voti rispetto agli ex alleati, ma la loro base si sente tradita per alcune delle posizioni che hanno assunto in questi anni su clima e guerra.
L’unica forza che può gioire da questo lato dell’agone politico è la Linke: il partito di sinistra si è risollevato a sorpresa nelle ultime settimane, grazie anche alla giovane leader Heidi Reichinnek, e punta a superare agevolmente la soglia di sbarramento per poter poi fare opposizione dura.
Più che quello che accadrà il giorno delle elezioni, sarà cruciale quello che succederà nelle settimane successive al voto, al momento di formare una coalizione ed eleggere un governo. Questo sarà con ogni probabilità guidato dalla CDU, che però si ritroverà con il difficile compito di trovare un partner. I conservatori hanno a più riprese giurato di non voler stringere alcun patto con l’estrema destra: nelle scorse settimane c’è stata in realtà una prima collaborazione tra CDU ed AfD, ma è improbabile che si arrivi ad una vera alleanza. Più probabilmente Merz cercherà il supporto di SPD o Verdi (o entrambi, se le due formazioni dovessero andare particolarmente male).
Nonostante le urne certificheranno che l’equilibrio politico in Germania tende ormai nettamente a destra, il Paese potrebbe quindi ritrovarsi con un governo quasi centrista. Ma non del tutto: la CDU ha ormai posizioni radicali su alcune questioni – immigrazioni su tutte – ed è improbabile che queste tendenze siano davvero mitigate da un’alleanza, specialmente se con i socialdemocratici.
A livello europeo, il governo sarà quindi europeista e liberale, ma poco incline a compromessi e pronto a mettere gli interessi tedeschi davanti alla collaborazione con gli altri stati. Facile quindi che la nuova Germania determini un ulteriore slittamento a destra dell’Unione Europea. Non da subito, però: prima di poter avere un’influenza esterna, il Paese dovrà infatti affrontare una serie di problemi interni, tra crisi economica ed instabilità politica.
* Fendinebbia
Immagine di copertina su licenza Shuttelstock