di Emanuele Giordana da Bangkok
Secondo uno studio recente sull’innalzamento dei mari, tra 25 anni una megalopoli come Bangkok, una città di oltre 11 milioni di anime, rischia di essere completamente sommersa. Non sarà l’unica anche se per la capitale della Thailandia le cose si fanno molto più complicate che per altri siti, aggravate da una vasta pianura e dal grande Chao Phraya, il fiume che la attraversa da Nord a Sud.
Secondo la mappa prodotta dal team scientifico di Climate Central, nel 2050 molte città, soprattutto asiatiche, saranno sommerse. A guardare la mappa (che si può vedere qui) è chiaro che il grosso dell’impatto sarà qui: verranno sommerse oltre a Bangkok, anche Yangon, Città HoChiMinh e Dacca, forse la capitale più a rischio con Calcutta, la megalopoli dell’India orientale. Ma ne faranno le spese anche diverse città cinesi tra cui Shanghai. Il paradosso è che Giacarta, in Indonesia, data più volte per spacciata perché la città si abbassa mentre il mare si alza, nel modello appare tra le meno colpite. Previdentemente comunque, gli indonesiani hanno spostato la capitale nell’entroterra del Borneo. Non c’è solo l’Asia meridionale e orientale nel mirino del mare. Bassora, in Irak, potrebbe completamente sparire. In Europa sono chiaramente a rischio i Paesi Bassi, abituati a lottare col mare. E naturalmente città come Venezia, Ravenna e l’attuale parco del Delta del Po. L’Africa invece se la cava e così le Americhe dove l’unica area davvero a rischio resta la già vessata Louisiana.
Climate Central, è un gruppo indipendente di scienziati e comunicatori che studiano gli effetti del cambiamento climatico; hanno messo a punto negli anni uno strumento di screening del rischio costiero – CoastalDEM® v2.11 – che è l’ultima creatura di un modello di elevazione digitale globale per le aree costiere oceaniche. E’ in sostanza una mappa che mostra la proiezioni di quanto potrebbe accadere nel 2050. Naturalmente una proiezione non è la verità assoluta, ma il team di ricercatori, che non sembra incline all’allarmismo, assicura che CoastalDEM è più accurato dei precedenti il che, a detta loro, lo rende “il più performante tra tutti i principali modelli di elevazione digitale globali disponibili al pubblico e testati”, con una riduzione significativa di errore rispetto ai progetti precedenti. Il modello è stato sviluppato con lo scopo principale di valutare il rischio di inondazioni costiere considerando tempeste e innalzamento del livello del mare. È inoltre rafforzato dalle informazioni e le interazioni con molti professionisti del rischio di inondazioni costiere.
Che l’innalzamento dei mari sia un problema non è certo una novità. Nel 2023, il segretario dell’Onu Guterres aveva detto che il Mondo corre il rischio di assistere a “un esodo di massa di intere popolazioni su scala biblica”, dovuto alla crisi emergente della sicurezza globale che l’innalzamento dei livelli del mare preannuncia. Di solito si pensa soprattutto a sistemi a rischio come i Caraibi, le isole dell’Indo Pacifico o ancora gli ecosistemi ai piedi dell’Himalaya. Sistemi esposti agli effetti dell’innalzamento delle temperature che si riflettono sullo scioglimento dei ghiacciai. Ma non c’è solo questo.
Secondo gli esperti il rischio non deriva solo dall’innalzamento del livello del mare dovuto allo scioglimento dei ghiacci e dall’espansione dell’acqua oceanica mentre si riscalda, ma anche dall’aumento delle mareggiate e delle inondazioni causate dall’alta marea. Per fare il caso americano, l’agenzia statunitense Nasa ricorda quanto avvenuto a a New Orleans e lungo la costa del Golfo del Messico dove “le mareggiate sono amplificate dall’innalzamento del livello del mare, che le porta a raggiungere livelli d’acqua più elevati e consente loro di raggiungere zone più interne”. “Alcuni degli effetti più potenti dell’innalzamento dei mari – dicono ancora alla Nasa – si vedranno sulle terre costiere più piatte adiacenti alle secche di grandi specchi d’acqua. Se queste aree sono anche soggette a cicloni tropicali, gli effetti saranno ulteriormente intensificati. Tra i più colpiti ci saranno i delta dei fiumi tropicali e subtropicali, ampi ventagli di sedimenti e corsi d’acqua dove i fiumi incontrano il mare. Poiché tali delta sono spesso sedi di città portuali, grandi popolazioni umane saranno esposte a un rischio significativamente più elevato”. Bangkok, l’area piatta che la circonda e il Chao Phraya, ne sono un esempio da manuale.
Le proiezioni sono impressionanti. Se il modello di Climate Central dipinge un quadro a tinte fosche per il 2050, secondo la Nasa “entro il 2150, le mareggiate saranno probabilmente il doppio, o più alte, di quanto non siano oggi. E in generale, dopo il 2100, l’innalzamento del livello del mare nell’intervallo da 3 a 6,5 piedi (da 1 a 2 metri) causerà danni estesi alle aree costiere”. I rimedi saranno strutture rialzate sulle coste oppure dighe ma in alcuni casi sarà obbligatorio spostarsi nell’entroterra. L’esodo più forte potrebbe dunque concentrarsi in Asia.
In copertina: Bangkok e il fiume che la attraversa