di Alessandro De Pascale
Il gruppo Leonardo, in un comunicato stampa diffuso ieri, afferma che “né direttamente né indirettamente attraverso società terze, vende o ha mai venduto cannoni Oto Melara 76/62 alle forze armate del Myanmar. Ciò comprende anche il periodo antecedente l’embargo del 1996 e dell’entrata in vigore della legge 185/90″. Nello stesso testo il colosso del settore aerospazio e difesa controllato dallo Stato italiano (oltre 15 miliardi di euro di ricavi nel 2023, un portafoglio ordini di 39,5 miliardi e 111 sedi nel mondo) conferma poi l’esistenza di un “accordo di licenza in essere (License Agreement) con la società indiana Bharat Heavy Electrical Limited (Bhel) per la produzione del cannone 76/62 Super Rapid Gun Mount», specificando che «il contratto prevede clausole di divieto alla vendita ed esportazione senza la previa autorizzazione di Leonardo e delle autorità competenti italiane”.
A tal proposito, continua Leonardo, “Bhel, con comunicazione ufficiale del 9 gennaio 2025, conferma di non aver mai fornito o esportato il cannone 76/62 alla Marina del Myanmar”. In due distinti articoli questo quotidiano la vigilia di Natale aveva riportato la notizia del varo da parte dei golpisti al potere nell’ex Birmania (il prossimo 1° febbraio ricorre il quarto anniversario del colpo di Stato) della più grande fregata costruita nel Paese. Secondo gli attivisti birmani per i diritti umani di Justice for Myanmar e per alcuni siti internazionali specializzati – tra cui Asian Defence Journal e Army Recognition – che avevano dato conto delle celebrazioni del 77° anniversario dell’indipendenza, la nuova unità UMS King Thalun della Marina del Myanmar monterebbe anche il citato cannone Oto Melara (oggi di Leonardo-Finmeccanica) da 76 mm, in grado di sparare 120 colpi al minuto.
Cosa che sarebbe già avvenuta nel 2014, su un’altra corvetta birmana. “In base alla legge italiana non è stato esportato effettivamente nulla – conferma al manifesto Giorgio Beretta, analista di Opal e Rete italiana pace e disarmo – poiché le relazioni annuali sulle vendite di armi italiane all’estero non riportano dal 1990 al 2023 autorizzazioni dall’Italia (UAMA/Maeci) per la vendita di materiali militari alla Birmania/Myanmar”. Di conseguenza, aggiunge ora Beretta, “considerato che quei cannoni sono di tipo Oto Melara, Leonardo dovrebbe rivolgersi al ministero degli Esteri e alla magistratura per accertare l’intera filiera. Perché deve capire come sono arrivati in Myanmar, su quella fregata. Prendendo i provvedimenti necessari. Altrimenti è l’immagine di Leonardo e dell’Italia intera che va in frantumi”.
Sulla stessa linea anche Italia-Birmania Insieme: “Abbiamo letto il comunicato stampa con il quale Leonardo smentisce qualsiasi triangolazione per la vendita di armamenti sia direttamente che attraverso triangolazioni alle forze armate birmane»”, spiega al manifesto la segretaria generale dell’associazione, Cecilia Brighi. “Chiediamo pertanto a Leonardo di indagare, cosa che avrebbe già dovuto fare illo tempore, dal 2014, come mai è da dove provengono i cannoni Oto Melara in dotazione alle forze armate della giunta genocida birmana. Non siamo di fronte alla favola di Cenerentola in cui la fata trasforma una zucca in carrozza. Quei cannoni sono Oto Melara o sono dei fake?”, si chiede Brighi. “Sarebbe importante che si chiarisca la cosa in modo definitivo e si sanzionino nel caso coloro che esportano falsi persino i cannoni”.
L’articolo è stato pubblicato su Il Manifesto il 16 gennaio 2025
*Foto di Ketil Malde per Wikipedia