Il volo africano di Ankara

La Turchia vuole triplicare l'interscambio commerciale con il continente.  Aumentando la vendita di armamenti e software per la difesa

dall’inviato Emanuele Giordana

Nairobi – “Questo vertice è una testimonianza del fatto che la Turchia è interessata all’Africa e l’interesse della Turchia per l’Africa non è un interesse temporaneo, è un impegno mantenuto. I nostri fratelli e sorelle africani stanno dimostrando di essere interessati a una migliore cooperazione con la Turchia”. Così nel dicembre scorso il presidente turco Erdoğan si è rivolto ai capi di Stato e ai ministri africani riuniti nel secondo giorno del terzo vertice del partenariato Turchia-Africa che si è svolto a Istanbul dal 18 dicembre scorso. Il titolo: “Partenariato rafforzato per lo sviluppo e la prosperità comuni”.

Al vertice hanno partecipato circa 16 capi di Stato africani, tra cui Félix Tshisekedi, attuale Presidente dell’Unione africana, Macky Sall del Senegal, Nana Akufo-Addo del Ghana, in rappresentanza di Ecowas, Paul Kagame del Ruanda, Emmerson Mnangagwa dello Zimbabwe e Muhammadu Buhari della Nigeria, accompagnati da 102 ministri da 39 Paesi africani. In ottobre, Istanbul aveva accolto dirigenti d’azienda e altre decine di ministri africani per un vertice specifico sull’aumento dell’interscambio commerciale e, sempre in ottobre, il Presidente turco ha visitato l’Angola, la Nigeria e il Togo. Al momento l’interscambio commerciale vale circa 25-30 miliardi di dollari: Ankara vuole triplicarlo

Un attivismo che dà il segno di come la Turchia faccia sul serio. Non solo sul piano commerciale. La Turchia mira ad approfondire i legami economici e militari con l’Africa trasformando questo rapporto anche in un segnale politico: Erdoğan non a caso ha  chiesto dal summit di Istanbul  un seggio in rappresentanza del continente al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. La Turchia insomma vuole contare di più e vuole farlo tra l’altro in un ambito dove sta già lavorando seriamente: il comparto militare.

La Turchia (ha due basi militari in Somalia e in Marocco) può offrire tecnologia a buon mercato e fare concorrenza ai tre grandi esportatori di sistemi d’arma: Usa, Cina e Russia. Secondo dati ufficiali turchi, citati dal settimanale di Nairobi East African, l’anno scorso l’export militare verso l’Africa è cresciuto del 700%: dai 41 milioni di dollari del 2020 ai 328 del 2021. Ma Erdoğan vuole andare oltre anche grazie ad accordi sulla difesa stretti da Ankara con molti Paesi africani: dal Kenya all’Uganda, dalla Tanzania alla Somalia. L’ambizione sarebbe fare del mercato africano il terzo mercato turco per l’esportazione di mezzi per la difesa: elicotteri, missili, veicoli carrozzati ma anche software.

Ci sono naturalmente anche i droni per cui la Turchia è già famosa: i Bayraktar TB2, che sono stati venduti anche ad Azerbaigian, Polonia e Ucraina e sono diventati noti nelle vicende libiche. L’estate scorsa una vendita di questi aerei senza pilota all’Etiopia ha scatenato polemiche. Anche perché l’Etiopia, Paese in guerra, è stato uno dei maggiori acquirenti di armamenti turchi del continente. Con la sua marcia in avanti, se è vero che siamo ancora lontani dai numeri di Usa, Cina e Russia (seguiti da Francia e Germania), Ankara guadagna lunghezze. E insidia la Cina proprio nella sua area di maggior espansione nel continente come venditrice di armamenti: l’Africa orientale.

C’è anche un aspetto umanitario e la Turchia Turchia condividerà 15 milioni di dosi di vaccino contro il Covid19 con i Paesi africani nel 2022. Ma l’insieme delle intenzioni e dei fatti – poltioci. commerciali, umanitari –  dice quanto solide basi abbia l’attenzione di Ankara per il continente, sotto rappresentato nelle parole di Erdoğan anche in seno alle Nazioni Unnite. Un cammino e una strategia che vale la pena di seguire.

In copertina un drone di fabbricazione turca. Nel testo il presidente turco e il premier etiope Abiy Ahmed

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