Indonesia, la piazza spiazza il Parlamento

Manifestazioni in tutto il Paese fanno fare marcia indietro a esecutivo e parlamentari. Il nodo: un pronunciamento della Corte Suprema

di Emanuele Giordana

A Giacarta, Padang, Bandung, Semarang, Yogyakarta centinaia di dimostranti si sono scontrati ieri con le forze di sicurezza che hanno usato gas lacrimogeni e idranti mentre, nella capitale, i manifestanti riuscivano a violare e incendiare parte dei cancelli del Parlamento. Alle manifestazioni hanno partecipato personaggi di spicco come l’intellettuale Goenawan Mohammad, l’attivista anti-corruzione Zainal Arifin Muchtar, il drammaturgo Agus Noor o l’artista Wanda Hamidah a sottolineare una manifestazione della società civile contro l’arroganza dei partiti al governo. Il nodo è un pronunciamento della Corte Suprema indonesiana di mercoledi sul sistema elettorale e che ieri mattina il Parlamento voleva abrogare perché sfavorevole alla maggioranza. Ma la piazza ha avuto ragione del colpo di mano. Prima il voto è stato rinviato per mancanza del quorum, poi il vice presidente del Parlamento Sufmi Dasco Ahmad ha detto all’agenzia Reuters che le sessioni parlamentari continueranno nel prossimo periodo di seduta del Parlamento, il che significa che comunque eventuali nuove regole non si applicheranno alle elezioni di quest’anno. Elezioni che si devono tenere in novembre, dopo che l’amministrazione del Presidente Joko “Jokowi” Widodo avrà lasciato l’incarico il 20 ottobre a Prabowo Subianto in ticket con Gibran Rakabuming, figlio del Capo di Stato uscente.

Tutto nasce appunto in vista delle elezioni di sindaci, reggenti locali e governatori, questi ultimi posti chiave nell’architettura politica indonesiana. Ora, la Corte Suprema aveva stabilito che i partiti non avrebbero avuto bisogno di un minimo del 20% di rappresentanza nelle loro assemblee regionali per presentare un candidato. Il che altrimenti avrebbe favorito la coalizione di governo che, forte dei numeri, avrebbe visti candidati solo i suoi: in particolare a Giacarta dove – se il Parlamento avesse cambiato le regole – ne avrebbe fatto le spese Anies Baswedan, già una volta governatore della capitale e voce critica dell’opposizione (si era anche candidato alle presidenziali alcuni mesi fa dove hanno però vinto Prabowo e il figlio di Jokowi). C’è di più: la Corte ha reiterato l’obbligo per i candidati di avere almeno 30 anni compiuti. Se il Parlamento fosse intervenuto, ciò avrebbe spianato la strada a un altro figlio di Jokowi, Kaesang Pangarep che ne ha 29, ed è in cerca di un posto a Giava centrale, caposaldo della famiglia del Presidente uscente.

Ciò che ha fatto infuriare i piccoli partiti ma anche larghi strati di una società civile molto attiva soprattutto a Giava, è che, nel giro di 24 ore, il Parlamento aveva già depositato una mozione di emergenza per annullare quanto asserito dalla Corte. Una sorta di killeraggio della giovane democrazia indonesiana che, dicono i critici, corre il rischio di trasformarsi in un regime. Cominciata con post e meme sui socialnetwork, diffusissimi in Indonesia, la mobilitazione è stata altrettanto rapida, costringendo Parlamento e Presidente, almeno apparentemente, a fare marcia indietro.

Un po’ il contrario di quanto appena accaduto in Thailandia dove è stata invece una sentenza della Corte Costituzionale a mettere fuori legge il partito che aveva vinto le elezioni e il suo leader destinato a diventare primo ministro. Mossa che ha aperto la strada alla nuova premier Paetongtarn Shinawatra che, se il voto popolare fosse stato rispettato, non ne aveva diritto. Ma anche in Indonesia i tribunali devono fare i conti col potere politico: Gibran, primogenito di Jokowi e futuro vice presidente, non aveva in realtà diritto di candidarsi con Prabowo avendo meno di 40 anni. Ma una sentenza della Corte Costituzionale – guidata da uno zio acquisito di Gibran, Anwar Usman – aggiunse un’eccezione all’età minima. Ad Anwar costò la carriera (venne dimissionato) ma Gibran corse e vinse la vice presidenza. Questa volta però alla dinastia Jokowi è andata storta.

In copertina la Camera Bassa indonesiana

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