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Jenin sotto assedio

Panorama of Jenin in Palestine, West Bank, dominika zara on Shutterstock

di Alessandro De Pascale e Alice Pistolesi

Un’incursione come questa nel campo profughi di Jenin non si vedeva da vent’anni. Dai tempi della Seconda Intifada (2000-2005). Lunedì 3 luglio, poco dopo la mezzanotte, l’esercito israeliano ha prima colpito dal cielo (con droni armati di missili), per poi fare irruzione via terra con un migliaio di militari, uccidendo almeno nove persone, tra cui due bambini, mentre un altro palestinese è stato assassinato vicino a Ramallah. Non ci sarebbero vittime tra i militari israeliani. Sette erano invece i palestinesi morti, sempre a Jenin, due settimane fa. Il 2023 si conferma, quindi, uno degli anni peggiori per la Cisgiordania occupata dallo Stato di Israele ormai dal 1948. Da gennaio sono stati uccisi circa 137 palestinesi, tra cui diversi civili, almeno 24 soldati e diversi coloni israeliani che vivono negli insediamenti illegali, costruiti da Israele in questi decenni (in barba alle risoluzioni delle Nazioni Unite) sulla terra sottratta ai palestinesi.

Il sindaco di Jenin, Nidal Obeidi, ha descritto ad Al Jazeera l’attacco come “un vero massacro e un tentativo di spazzare via tutti gli aspetti della vita all’interno della città e del campo. Coloro che vengono presi di mira ora – ha continuato il primo cittadino – non sono solo i combattenti della resistenza, ma anche i civili, che vengono feriti e uccisi”. Tremila sono, secondo la Mezzaluna Rossa palestinese, le persone finora evacuate da Jenin. Nel campo, fin dall’inizio dell’operazione, ovvero dall’alba di lunedì, sono inoltre stati interrotti dallo Stato ebraico i servizi idrici ed elettrici. Mentre l’intera area del campo, situato alla periferia della città e allestito negli anni Cinquanta in meno di mezzo chilometro quadrato di superficie di fitti edifici (scuole e ospedali compresi) in cui vivono circa 14mila persone, è stata cinturata dalle forze di sicurezza israeliane. Per lo Stato ebraico, quella in corso, è “una vasta operazione contro infrastrutture terroristiche” palestinesi.

Nelle ultime ore dozzine di persone sono state arrestate e decine di case perquisite. Tiratori scelti sono stati disposti sui tetti delle case e una pioggia di lacrimogeni è stata sparata dalle forze di sicurezza israeliane sull’ospedale, nel quale sono ricoverate numerose persone. L’esercito di Tel Aviv ha riferito che i combattenti palestinesi si sono rintanati in una moschea e che l’operazione continuerà fino a quando i sospetti appartenenti a gruppi armati non saranno catturati (72 ore secondo quanto riferito ai media). Il Primo Ministro israeliano ha infatti affermato che l’operazione di Jenin durerà “il tempo necessario”. L’azione militare israeliana, secondo quanto riferito dal Ministro degli Esteri israeliano, Eli Cohen, non dovrebbe per il momento espandersi al resto della Cisgiordania.

A Jenin, come a Nablus, è da tempo attiva una nuova generazione di combattenti palestinesi di resistenza all’occupazione militare decennale di Israele, non controllata dall’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), l’unico interlocutore ufficiale dello Stato ebraico, che perde ormai credibilità e controllo del territorio ogni giorno che passa. Le elezioni legislative vengono rinviate ormai da 17 anni, secondo i detrattori del presidente Abbas temendo vengano vinte dai rivali di Hamas, come già accadde nella Striscia di Gaza nel 2006.

A quanto pare Israele raccoglieva informazioni da oltre un anno sul campo di Jenin, uno dei 19 ufficiali creati dallo Stato ebraico dopo la guerra arabo-israeliana del 1948 nella Cisgiordania occupata. Al suo interno vivono circa 14.000 profughi palestinesi. Migliaia quelli in fuga in queste ore per sfuggire all’assedio delle forze di sicurezza israeliane. Per 12 mesi, le immagini catturate dal cielo dai droni e le indicazioni confrontate sul terreno sono state analizzate dai servizi d’intelligence di Tel Aviv, per individuare gli obiettivi. Anche se in realtà, in quel campo, già da due anni le forze israeliane si stavano impegnando in attacchi ripetuti sempre più intensi.

L’azione militare al campo di Jenin sarebbe stata programmata dallo Stato ebraico dieci giorni fa, dopo l’uccisione di quattro coloni israeliani nei pressi di Eli, in Cisgiordania. Lo scorso 19 giugno, sempre in questa città della Cisgiordania settentrionale occupata, venne trovato un ordigno esplosivo sotto un veicolo militare israeliano. Due razzi erano invece stati sparati verso Israele, anche se ricaduti in territorio palestinese. Episodi che hanno fatto accendere la miccia già messa a punto dalla destra israeliana al governo. A detta dello Stato ebraico, soltanto nell’ultimo anno e mezzo, oltre 50 tentativi di attentati sarebbero arrivati da miliziani di base nel campo profughi di Jenin. Processioni e manifestazioni spontanee in solidarietà con i residenti palestinesi dell’area si sono svolte in vari luoghi della Cisgiordania, tra cui il campo profughi di Aska a Nablus e in quello di Deheisheh, vicino a Betlemme.

Nabil Abu Rudeineh, portavoce del presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese Abu Mazen, ha parlato di “crimine contro Jenin commesso dalle forze di occupazione” e ha invitato la comunità internazionale a “rompere il suo vergognoso silenzio e intraprendere azioni serie per costringere Israele a fermare la sua aggressione contro il popolo palestinese”. Le forze militari dell’ANP non stanno intervenendo nei combattimenti, ma la leadership palestinese ha deciso ugualmente di interrompere tutti i contatti e gli incontri con la controparte israeliana.

La “prima risposta” all’assedio israeliano di Jenin è avvenuta con l’attacco terroristico del 4 luglio a Tel Aviv. Un gruppo di persone è stato travolto da un’auto alla fermata di un autobus. Secondo la polizia si è trattato di un attentato. L’autore, secondo i media, è stato “neutralizzato”. Il portavoce di Hamas, Hazem Qassem, ha elogiato l’azione: “L’eroico attacco a Tel Aviv è la prima risposta ai crimini contro il nostro popolo a Jenin. L’occupante pagherà il prezzo per i suoi crimini contro Jenin. Lodiamo gli eroi del nostro popolo e i combattenti a Jenin”.

In seguito a quell’attentato, l’aviazione israeliana ha bombardato stanotte la Striscia di Gaza. In risposta a quel raid, cinque razzi sono stati sparati verso lo Stato ebraico, “intercettati con successo” (ha fatto sapere l’esercito) dal sistema di difesa Iron Dome. Stamattina, tutte le truppe di Tel Aviv, hanno invece completato il ritiro dal campo di Jenin, mettendo fine all’operazione militare iniziata all’alba di lunedì. Un soldato israeliano è rimasto ucciso ieri da colpi d’arma da fuoco durante quell’assedio.

L’inviato delle Nazioni Unite per il Medio Oriente, Tor Wennesland, ha descritto la situazione come “molto pericolosa” e ha chiesto la protezione dei civili. Pochi giorni fa aveva avvertito che “se non si prendono ora misure decisive per frenare la violenza, c’è un rischio significativo che la situazione degeneri ulteriormente”. In particolare, Wennesland aveva denunciato “la continua espansione degli insediamenti israeliani nella Cisgiordania occupata, compresa Gerusalemme Est, che alimenta la violenza”. Anche il Segretario Generale dellOnu, Antonio Guterres, si è detto “profondamente preoccupato per gli sviluppi a Jenin”. In una nota, un portavoce del Palazzo di Vetro, Farhan Haq, ha spiegato che “tutte le operazioni militari devono essere condotte nel pieno rispetto del diritto umanitario internazionale”.

Dopo l’ultimo attacco a Jenin la Casa Bianca ha affermato che gli Stati Uniti “sostengono la sicurezza e il diritto di Israele a difendere il proprio popolo da Hamas, dalla Jihad islamica palestinese e da altri gruppi terroristici”, sottolineando anche la necessità di proteggere i non combattenti. La condanna per il raid israeliano è arrivata anche da Giordania ed Egitto.

Il 28 giugno il Consiglio di sicurezza dell’ONU, esprimendo la sua “tristezza per la morte di civili” nella Cisgiordania occupata, aveva invitato le parti a “evitare azioni unilaterali che potrebbero infiammare le tensioni”. All’unanimità, i quindici Paesi membri, hanno “incoraggiato ulteriori passi per ripristinare una calma duratura e consentire alle tensioni di allentarsi”, esortando alla moderazione per “evitare un’ulteriore escalation”.

Per saperne di più, leggi la nostra scheda conflitto Israele/Palestina

*In copertina Panorama of Jenin in Palestine, West Bank ©dominika zara/Shutterstock.com

 
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