di Emanuele Giordana
Il 16 agosto scorso, durante una visita del ministro Rajnath Singh a Pokhran nell’anniversario della morte dell’ex primo ministro Atal Bihari Vajpayee – l’ex premier indiano a capo del Bjp, partito ora al governo con Narendra Modi – il titolare indiano della Difesa ha scritto su Twitter una preoccupante dichiarazione sull’uso del nucleare. Dichiarazione fortemente condannata dalla leadership pakistana, in primis dal ministro degli Esteri di Islamabad Shah Mehmood Qureshi .
Facendo riferimento alla politica nucleare No First Use dell’India, Rajnath Singh ha dichiarato che: “L’India ha aderito rigorosamente a questa dottrina. Ciò che accadrà in futuro dipende dalle circostanze”. Un cambiamento nella politica nucleare indiana in questo senso può intensificare la corsa agli armamenti nell’Asia meridionale a seguito della continua escalation tra i due vicini nucleari, hanno rilevato alcuni giorni dopo diversi osservatori riuniti dal Center for International Strategic Studies di Washington.
Preoccupazione più che legittima dopo quanto avvenuto agli inizi di agosto quando l’India ha revocato lo status speciale per il Kashmir di cui godeva la regione himalayana che, com’è noto, è divisa tra India e Pakistan, due Paesi che si considerano l’un l’altro occupanti. Il Pakistan ha reagito con una serie di misure diplomatiche e commerciali, denunciando l’illegalità della decisione di Narendra Modi e del suo governo ipernazionalista che può contare su una rilevante vittoria alle ultime elezioni vinte dal Baratiya Janata Party. Infine Islamabad sta cercando per quanto possibile di internazionalizzare la questione ritenendo -non a torto – che una modifica dello statu quo possa portare addirittura a un nuovo conflitto.
In particolare il premier Imran Khan ha puntualizzato il
Per ora il Consiglio di sicurezza, riunitosi su richiesta del Pakistan sulla questione, non ha proferito verbo. Per adesso, fortunatamente le armi tacciono, ma la guerra delle parole e della propaganda è già cominciata e rischia di far da leva sui muscoli sempre tesi dei militari dell’uno e dell’altro Paese, da sempre favorevoli a risolvere il contenzioso con una guerra. Un po’ di calma e sangue freddo non guasterebbero per evitare che il Pakistan – il cui comportamento è stato finora responsabile – non venga trascinato nel tritacarne (attualmente solo mediatico) alimentato da un’India dove, in questo momento, le voci indipendenti, laiche e critiche sono sempre più tenui.
In copertina: Kashmir, foto di Abhas Mishra per Unsplash