La solitudine del soldato Aleksej

Lui e il suo compagno Jurij sono dronisti ucraini in prima linea. Una casetta con un fornelletto elettrico, buio e sigarette come unica compagnia. Reportage

di Giulia Palladini Foto di Edoardo Marangon

La casa dove vivono Aleksej e Jurij, soldati della cinquantaseiesima brigata ucraina, è circondata dal verde delle campagne a nord di Kharkiv. L’abitazione è solo una delle tante in dotazione all’esercito date dallo Stato o dagli stessi civili e in questa vivono in quattro. Aleksej ha combattuto in Crimea quando era solo ventenne mentre Jurij, prima del febbraio 2022, faceva il pasticcere.

“Quando l’invasione su vasta scala è iniziata, avevo con me ancora tutto l’equipaggiamento dell’esercito, così ho deciso di arruolarmi come volontario” racconta Alekseij mentre accende una sigaretta, nel frattempo in cucina Jurij è intento a preparare la cena. Non c’è acqua corrente e l’elettricità è fornita da un generatore; la zuppa ribolle rumorosa su un’unica piastra elettrica. “Lascio alcune cose pronte da mangiare per gli altri quando torneranno” dice Jurij “Ci alterniamo, noi seguiremo la missione notturna. C’è bel tempo questa sera e una buona visibilità, voleremo senza problemi”.

Jurij e Aleksej sono dronisti, la loro missione consisterà nel tenere in volo un drone da ricognizione A1-CM Furia, una tecnologia sviluppata proprio in Ucraina nel 2014. Come i droni Mavik, questa tipologia ha lo scopo di visualizzare potenziali target e segnalare le informazioni ottenute agli artiglieri; saranno loro poi a rispondere colpendo il bersaglio individuato in un con nuovo scambio e perfezionamento delle coordinate. Raggiunto il bunker dove lavoreranno, la struttura in cemento è incassata nel terreno, di fronte una trincea alta poco più di due metri procede a zig-zag scomparendo nel buio. Aleksej fissa a terra un’antenna con tre picche. A pochi passi, Jurij ha già iniziato a montare il drone. Il corpo bianco, con una piccola elica posteriore, ha un’apertura centrale per le batterie, sul davanzale invece, Jurij inserisce il paracadute ripiegato. Aggiunge in ultimo le ali e frontalmente un supporto con la videocamera. “Abbiamo due possibili videocamere da utilizzare” spiega Jurij, “questa è quella per la visione in notturna. Al suo interno ha anche una termocamera. Una volta connesso con la camera di controllo riusciamo a distinguere elementi anche molto piccoli.”

Nel bunker, la camera di controllo è dotata di due schermi e una console. Di fronte, seduto su una sedia da campeggio Jurij traccia il precorso del drone. “Questo cono verde sulla mappa è l’itinerario, questo po di drone può percorrere no a duecento chilometri raggiungendo anche cento chilometri orari” spiega estraendo da una borsa delle sigarette. Aleksej, intanto, con il drone che appare ora come un aeroplano in miniatura me e in tensione una catapulta elastica. Al cenno di Jurij, la catapulta scatta, l’A1-CM a tu a velocità sparisce nel cielo lasciandosi dietro solo il ronzio meccanico dell’elica in funzione.

Le ore di perlustrazione scorrono lente mentre Aleksej e Jurij scrutano le immagini della videocamera a infrarossi in cerca di obiettivi da intercettare. Jurij, sorseggiando un ca è, spiega: “La batteria ha un’autonomia di tre ore. Dobbiamo assicurarci che il drone torni prima che si esaurisca, così possiamo sostituirla e ricominciare.” Oltre ai due schermi della console, il telefonodi Jurij è collegato in videochiamata con i soldati dell’artiglieria, che aspettano da loro, come da altri dronisti, informazioni utili.

Dopo diverse ore di volo, Aleksej indica qualcosa sullo schermo: “È un obice semovente russo. L’artiglieria dovrebbe vedere le coordinate. ” Jurij chiede conferma e, dall’altro lato della linea, qualcuno risponde “Plus plus”, che nel linguaggio militare dell’esercito ucraino vuol dire affermativo. Poco dopo, dal punto esatto indicato da Aleksej, si solleva una nuvola di fumo. “L’hanno colpito,” dice Aleksej. Quando il drone rientra dopo il terzo volo sta già albeggiando, Aleksej e Jurij raccolgono tu a l’attrezzatura e la caricano sull’auto del driver che è venuto a prenderli. “Ora faremo colazione e andremo a dormire. Questa è la nostra routine” dice Jurij mentre getta via l’ultima sigaretta e con un tonfo chiude il bagagliaio.

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