L’alternativa al dollaro esiste già. E’ cinese

di Maurizio Sacchi

Mentre infuria la guerra dei dazi, che ha gettato nell’incertezza non solo i mercati e i commerci internazionali, ma gli stessi equilibri strategici e geopolitici del Pianeta, è passato quasi inosservato un evento che fa capire come la Repubblica popolare cinese si stesse già muovendo da tempo per affrontare quello che viene definito il nuovo ordine mondiale. Pochi mesi fa,  la Banca centrale della Cina (Banca Popolare Cinese) ha integrato il proprio sistema di pagamento transfrontaliero—basato sul renminbi digitale (e-CNY, sotto  a destra il simbolo dell’App)—con i Paesi dell’Associazione delle Nazioni del Sudest Asiatico (ASEAN) e alcuni stati mediorientali.  Si tratta di quasi il 40% del commercio globale che  ha iniziato a regolare i propri scambi internazionali senza passare dalla rete bancaria internazionale SWIFT.  Un articolo del Quotidiano del popolo già nel 2020 diceva:  ” (…) una valuta digitale sovrana fornisce un’alternativa funzionale al sistema di regolamento in dollari e attenua l’impatto di eventuali sanzioni o minacce di esclusione sia a livello di Paese che a livello di società. Può anche facilitare l’integrazione nei mercati della valuta negoziati a livello globale con un rischio ridotto di interruzioni ispirate politicamente“.

Il sistema, battezzato mBridge, è sviluppato con la Banca dei Regolamenti Internazionali (BIS), Hong Kong, Thailandia, Emirati Arabi e Arabia Saudita. Elimina l’intermediazione bancaria multipla, liquida le transazioni in meno di dieci secondi, riduce i costi del 90 percento e consente pagamenti programmabili e tracciabili. Nel prossimo futuro sarà integrato con navigazione satellitare Beidou, il sistema cinese alternativo al GPS,  in modo da essere autonomo rispetto ai sistemi attuali. E il sistema è già operativo, essendo già utilizzato in concreto in progetti che vanno dalla ferrovia Cina-Laos alla linea Giacarta-Bandung, fino al primo pagamento petrolifero digitale tra Cina e Thailandia. 

Mentre il progetto dei Paesi Brics+ di varare una loro moneta, se pur virtuale, in alternativa al dollaro, procede a piccoli passi, l’e-CNY è già una realtà, e indica che Pechino si stava da tempo preparando alla tempesta in corso. L’esigenza di non tenere in ostaggio l’intera economia mondiale delle politiche della Federal reserve Usa era già evidente, ma pareva che le grandi riserve in dollari, anche della Cina, e l’apparente invincibilità del biglietto verde sul piano degli scambi internazionali avrebbero richiesto tempi più lunghi.

Ora tutto questo è stato superato. E se l’arma che l’amministrazione Trump pensa di utilizzare le sanzioni verso chi adotta valute digitali non allineate -questo ha già annunciato- si tratta di un’arma spuntata. Prima di tutto perché le tariffe già in atto sono difficilmente aumentabili, ma soprattutto perché le banche centrali mondiali, compresa la Banca centrale europea, stanno già studiando la possibilità di inserire la nuova moneta digitale nelle loro casseforti. Questo mentre il dollaro perde fiducia a livello globale, ben prima della tempesta scatenata dall’inquilino della Casa bianca. La quota di riserve globali detenute in dollari è in calo costante da decenni: dal 71 percento  del 2000 al 58 percento attuale. Quale che sia l’esito della crisi attuale, e quando si poserà la polvere dell’attuale disordine globale, nel nuovo ordine del Pianeta la Cina, e i Paesi che manterranno rapporti economici e diplomatici con essa, non saranno più oggetti passivi delle politiche monetarie, ma attori di primo piano.  

nell’immagine. la sede della Banca centrale della Cina 

 

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