Site icon atlante guerre

Le ombre sul Paese dopo il voto in Messico

di Andrea Cegna

L’acclamata e, scontata, vittoria di Claudia Sheinbaum alle elezioni presidenziali messicane nasconde luci e mostra ombre sul futuro del Paese. Perchè se è certo che una donna alla guida del Messico può essere una bella notizia è ormai chiaro che non basta essere donna per essere femminista e non basta essere donna e femminista per non ricadere in visioni classiste e colonialiste. Per di più la nuova Presidenta non è sola al comando, è punta della piramide di Morena, partito da che da movimento si è trasformato nel nuovo PRI. Ed è qui che iniziano le ombre. Ma è anche da qui che se si guarda al “resto” del panorama politico, partitico, messicano, non si trova nessuno spiraglio di luce, nessuna spinta di cambiamento, nessuna voce che pensa e propone un futuro che guardi lontano dal neoliberismo estrattivista e dalla dipendenza da Washington per quanto oggi, forse più che mai, sull’asse Messico, Guatemala, Honduras si potrebbe sviluppare una diversa politica estera centroamericana. Ma usciamo dalla visione centrica su chi governa e guardiamo al progetto MoReNa.

Morena nasce come movimento di rottura attorno ad Andres Manuel Lopez Obrador, dopo il furto delle elezioni del 2006. Il progetto si fa sempre più moderato negli anni, fino al 2018 quando con una coalizione che comprendeva gli anti-abortisti del PES (partito Incontro Solidario), diventa vincente. In questi anni Morena rafforzandosi ha aperto le maglie del partito e dopo aver fatto entrare esuli del PRD, il Partito della Rivoluzione Democratica – scissione a sinistra del PRI (ed ora in coalizione con il PRI) – ha aperto anche a pezzi di PRI e PAN. Insomma Morena è diventato un soggetto forte e vincente quando ha snaturato se stesso. La guida e la direzione del partito, anche con l’apertura a candidature civiche, è sempre stata garantita da AMLO che è padre e padrone del progetto politico. Padre – padrone che ora dice si ritirerà a Palenque e non metterà voce in nulla. Stento a crederlo, e penso non sarà così, ma chissà magari il vecchio Lopez Obrador dopo sei anni di presidenza è appagato.

Torniamo a Morena. Il principale partito messicano oggi ha allargato nuovamente le sue maglie è ha fatto entrare direttamente nel partito il PES, il partito anti-abortista che non esiste più. E così tra gli eletti deputati per Morena c’è anche Hugo Eric Flores il fondatore del PES accusato di omofobia e di aver avuto un ruolo nell’omicidio di Samir Flores Sobernames e di aver difeso i militari accusati del massacro di Acteal quando era parte del CIDE e soprattutto ha alimentato una narrativa difensiva senza scrupoli e anti-zapatista sul caso. Questo per dire e raccontare che la complessità è una visione d’obbligo e necessaria, che spesso si perde dentro il rapido posizionamento a “sinistra” della coalizione di governo. La foto si fa torbida e complessa ed è certo da vedere in chiaro scuro. E forse proprio per questo, come riportato da Animal Politico, a poco meno di una settimana dal “trionfo” di Claudia arrivano già appelli alla Presidenta che entrerà in carica a dicembre.

Eugenia Likar, vicedirettrice dell’Istituto per la Leadership Simone de Beauvoir (ILSB), ha descritto la vittoria della Morenista come un evento storico e ha sottolineato che si tratta di un risultato che arriva dopo anni di attivismo dei vari movimenti femministi. “È un evento storico, che per la prima volta in 200 anni una donna ha raggiunto la presidenza del Messico, un risultato che non può essere spiegato senza anni di attivismo da parte dei movimenti femministi che hanno lottato per la parità e la rappresentanza politica, ma è anche vero che le femministe hanno sempre sostenuto che il corpo di una donna non significa necessariamente che la sua agenda avrà una prospettiva di genere che è progressiva”, ha commentato Likar”. Allo stesso tempo, sempre quanto riporta Animal Politico “Altri gruppi, che a loro avviso sono stati esclusi dalle proposte del governo della futura presidenta, sono quelli transgender e quelle che fanno parte delle popolazioni di strada.

Natalia Lane, attivista trans, e Alexia Moreno, membro dell’associazione civile El Caracol, hanno sottolineato la necessità di attuare azioni volte a prendersi cura di questi gruppi che si trovano in uno stato di maggiore vulnerabilità.” Più dura invece Cecilia Flores, tra le portavoci delle “madres buscadoras” le madri che cercano i lori figlio per cui “non ci hanno fatto nessuna proposta, non l’abbiamo nemmeno incontrata e quindi non sappiamo cosa succederà, se staremo nella stessa maniera o peggio, ma personalmente vi dirò che sono nove anni che mi dedico alla ricerca delle persone senza l’appoggio del governo federale, quindi non sarò molto sorpresa se Sheinbaum non ci appoggerà… López Obrador non ha mai voluto farlo, né ha voluto ascoltarci”, ha detto.

La vittoria di Sheibaum segna quindi una continuità e delle speranze, ma certo non si genera con le stesse aspettative di cambio che portarono, nel 2018, alla vittoria di Lopez Obrador e di Morena. Al netto di tutto ciò la bravura di Lopez Obrador è stata quella di trasformare un movimento in partito stato, una costruzione in potenza che ricorda la struttura storia del Partito della Rivoluzione Istituzionale, partito in cui AMLO ha militato. A questa idea egemonica ha aggiunto un pezzo di se che però non si distanzia dalle logiche di governo neoliberale dei territori e dell’uso della estrazione di ricchezza dei territori e dai grandi progetti strutturali. Ciò crea scontro con le popolazioni rurali ed indigene. Ciò si porta in dote forme di redistribuzioni, minimali ma reali, di ricchezza nei contesti urbani. Scontro città – campo a livelli storici, uno scontro in cui entra il crimine organizzato e le sue ramificazioni poli-direzionali che vedono il coinvolgimento delle “forze di difesa” messicane. Come più volte indicato dall’ottimo Oswaldo Zavala l’esplosione della violenza criminali è sempre seguita alla militarizzazione del territorio, e così anche in Chiapas, il territorio di nuova violenza criminale dopo la scesa in campo della Guardia Nazionale vediamo l’esplosione della violenza. Forse è in questa dimensione che si è svilupata la politica di non-conflitto proposta da Lopez Obrador? Ed è così che è “nata l’idea” di trasformare l’esercito in un soggetto economico che gestisce direttamente grandi infrastrutture? Cioè provare a dare una forza ancora maggiore all’esercito per evitare le promiscuità con i gruppi criminali più volte emersa in questi mesi anche attraverso il caso Garcia Luna e Cienfuegos?

Domande aperte che non hanno certo una risposta, che che potrebbero trovarla nei sei anni di governo di Claudia che trovandosi a a dover governare la continuità dovrà governare anche il potere dell’esercito, la presenza dei gruppi criminali, lo scontro con le popolazioni indigene e rurali attaccate dalle grandi opere strutturali e estrattive, la questione migratoria che è centrale nel dibattito e che ha visto Lopez Obrador sempre più esecutore degli interessi USA a svantaggio progressivo dei diritti delle popolazioni migranti, e anche e soprattutto la violenza sistematica che tra il controllo del territorio e della vita trasforma il Messico in una zona di guerra e di morte costante. Certo è che in questi sei anni Lopez Obrador non è riuscito a rispondere alla promessa di consegnare alla storia la vicenda dei 43 studenti di Ayotzinapa e con essa la mostra pubblica di cosa sia stata davvero la “guerra alla droga” che per 12 anni ha insanguinato il Messico. Se il suo sessennio si chiuderà con questo non risultato questo vuoto cadrà sulla testa di Sheinbaum. E avrà un peso non secondario, ben oltre il risultato delle urne che restano una delle modalità di osservare un paese e valutare un governo ma non certo l’unica.

Next: Scontri tra milizie armate in Somalia
Exit mobile version