Messico: la guerra invisibile

Il Messico e’ uno dei paesi piu’ pericolosi al mondo, per i giornalisti e non solo. I numeri sono quelli di una mattanza, continua, silenziosa, impunita di uomini, donne e bambini.
Durante i sei anni di mandato dell’ex presidente Felipe Calderón (dicembre 2006 – novembre 2012) in Messico sono state uccise 136.100 persone, 53 persone al giorno, 1.620 al mese, 19.442 all’anno;  56 erano giornalisti.
I cartelli del narcotraffico e le altre bande criminali attive sul territorio messicano si sono resi responsabili della stragrande maggioranza di uccisioni e rapimenti e spesso hanno agito in collusione con funzionari pubblici. Continue sono state le violazioni dei diritti umani anche ai danni delle popolazioni native e dei migranti, vittime di attacchi, rapimenti, stupri e tratta di esseri umani. Anche i bambini sono vittime di questa guerra tra bande: dal 2006 al 2010 sono stati 1.685 i ragazzi, da 0 a 14 anni, uccisi dal crimine organizzato.  Di questi ben 354 erano bambini minori di un anno di età (fonte: dossier Libera “Messico la guerra invisibile”Rapporto 2013 Amnesty International).
Tijuana, citta’ messicana al confine con gli Stati Uniti, e’ uno dei luoghi piu’ pericolosi del paese. A Tijuana ha sede il settimanale di inchiesta Zeta, fondato nel 1980 da Jesús Blancornelas e oggi diretto da Adela Navarro Bello.
Scomodo, come dovrebbe essere un giornale, Zeta e’ finito nel mirino della criminalita’ organizzata per la sua indipendenza e il suo impegno contro la corruzione, pagando con la vita di molti suoi cronisti la battaglia per la liberta’ d’espressione e la verita’. Il documentario Reportero diretto da Bernardo Ruiz, racconta la storia di questo settimanale e dei suoi coraggiosi giornalisti, rompendo il silenzio sulla guerra invisibile che si combatte in Messico.

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