Milei e la guerra ai femminismi

Il 1° febbraio movimenti femministi e LGBTIQ+ sono scesi nelle strade dell'Argentina, da Buenos Aires a Ushuaia, e poi a Cordoba, Rosario e in ogni capoluogo di provincia

di Andrea Cegna

Una nuova, plurale, mobilitazione ha preso le strade dell’Argentina per opporsi alle parole (e i fatti) di Milei. Il presidente ha nuovamente usato lo scenario di Davos per attaccare i movimenti femministi, se nel 2024 disse che i femminismi sono suoi nemici perchè rappresentano la “giustizia sociale” quest’anno ha detto che il femminicido “legalizza in effetti che la vita di una donna vale più di quella di un uomo” e per questo va cancellato il reato dal codice penale. Nel paese di Maradona e Messi una donna viene uccisa ogni 29 ore, la violenza e discriminazione di genere sono un male strisciante che piano piano, grazie ai movimenti sociali, si è cercato di mettere in discussione e cambiare con il tempo che un cambio culturale necessità. Milei ha rotto questo percorso perchè sa che la sua base elettorale è fatta in buona parte di uomini “impauriti” dalla forza del femminismo, uomini che temono di perdere i propri privilegi, uomini incapaci di cogliere “che per ogni donna che avanza non c’è uomo che retroceda”. I retaggi culturali del patriarcato sono violenti e in Argentina votano Milei, Milei che lo sa e fa la guerra ai femminismi.

Una guerra che però non sta fiaccando il movimento sociale che più di altri sta tenendo alta la faccia dell’opposizione socio/politica, il movimento che riesce a unirne altri, il movimento che riesce a mostrare una faccia diversa del paese. Ma Milei, a Davos, aveva detto e fatto di più Milei aveva collegato l’omosessualità alla pedofilia e quindi detto che nel mondo c’è “il cancro dell’ideologia woke”. Sabato 1 febbraio movimenti femministi e LGBTIQ+ hanno preso le strade dell’Argentina, da Buenos Aires a Ushuaia, e poi a Cordoba, Rosario e in ogni capoluogo di provincia. Era dall’Aprile 2024 che non si vedevano numeri similari mobilitarsi contro Milei, e questa volta, come lo scorso aprile, argentine e argentini di tutto il mondo si sono mobilitati ugualmente.

“La risposta alla violenza economica, alla persecuzione politica e alla repressione sessuale del governo di Javier Milei ha i colori della nostra comunità. Insieme e in alleanza in tutto il Paese, articolando tutte le nostre differenze. Abbiamo bisogno gli uni degli altri. Spargete la voce, organizzatevi, partecipate”, è stato il messaggio lanciato dell’Assemblea antifascista LGBTIQ+ per chiamare alla grande giornata di lotta. Il centro di Buenos Aires è stato paralizzato dalla grande partecipazione popolare, ai movimenti femministi, antifascisti e LGBTIQ+ si sono aggiunti sindacati, reti di lavoratori e lavoratrici e una parte dei movimenti studenteschi. Buenos Aires è stata la più grossa piazza tra le 130 città che hanno visto la mobilitazione farsi forte. “La marcia è stata massiccia.

È l’espressione di una società che non rinuncia alla diversità e all’uguaglianza. La società unita ha detto basta all’odio, alla discriminazione e alla violenza del governo di Javier Milei”, ha dichiarato María Rachid, presidente della Federazione argentina di lesbiche, gay, bisessuali e trans (FALGBT), al termine della marcia. Movimenti sociali parlano di oltre 1 milione e mezzo di persone mobilitate, 500mila solo a Buenos Aireas. Se i partiti d’opposizione non riescono a fermare Milei i femminismi, nuovamente, sono stati l’elemento di unione di chi non accetta il discorso d’odio che Milei alimenta e le politiche di devastazione della società argentina dove affittare una casa o compare i beni di prima necessità e giorno dopo giorno più difficile.

*Foto di daniel james su Unsplash

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