Mine: il passo indietro degli Stati Uniti

La nuova politica promulgata dal Dipartimento della Difesa Usa ne autorizza l’impiego in "circostanze eccezionali" anche fuori dalla penisola coreana. Cosa intanto può fare il nostro Paese. Un intervento del direttore della Campagna italiana contro questi ordigni

di Giuseppe Schiavello*

Il 31 gennaio scorso gli Stati Uniti hanno annunciato la cancellazione della politica, voluta dall’Amministrazione Obama, per proibire alle forze militari statunitensi l’utilizzo delle mine antipersona fuori dalla penisola coreana. La nuova politica promulgata dal Dipartimento della Difesa autorizzerà dunque l’impiego in circostanze eccezionali dimine antipersona “evolute e non persistenti”. Del resto, in maniera analoga, già nel dicembre 2017, l’Amministrazione Trump aveva annunciato una nuova politica che metteva fine alla scelta di non utilizzare munizioni cluster.

Il passo indietro degli Stati Uniti è la dimostrazione che non bisogna mai abbassare la guardia sui temi del Disarmo Umanitario e che, al contrario, occorre un lavoro costante di monitoraggio, promozione ed educazione al rispetto dei diritti umani, e all’esigenza di una più chiara priorità nel voler proteggere i civili.

il Trattato per la messa al bando delle mine antipersona, che ha contribuito a salvare milioni di vite e a sostenere le vittime di questi ordigni subdoli e indiscriminati, è uno dei Trattati più firmati al mondo con 164 Stati Parte. Molti Stati sono stati spinti da una pressione morale internazionale a bloccare l’utilizzo, la produzione o la vendita di queste armi subdole ed inumane e ciò rende ancor più inaccettabile il gesto del presidente Trump.

Gli Stati Uniti in passato hanno distrutto milioni di mine presenti negli arsenali e dal 1991 non hanno più impiegato queste armi; non ne hanno più esportate dal 1992 e dal 1997 non ne hanno più prodotte. Difficile quindi credere alla necessità di questi ordigni per la sicurezza dei militari statunitensi. Il Diritto Umanitario Internazionale per altro, proibisce espressamente l’uso di armi in grado di uccidere indiscriminatamente. Nel 2018 il 71% degli incidenti da mina registrati ha coinvolto civili, di cui 1714 erano bambini. Inoltre, negli ultimi anni le mine antipersona sono state impiegate solo da regimi conosciuti per come non rispettano i diritti umani – come Myanmar e Siria – e da gruppi armati non statali come l’ISIS e i Talebani.

Legittimazione indiretta

La decisione americana, non solo si discosta dall’andamento della comunità internazionale che condanna qualunque uso, per qualunque ragione in qualunque luogo delle mine antipersona, ma fornisce invece una sorta di “legittimazione” ai gruppi armati ed agli Stati che ancora ne fanno uso. Per contrastare tutto ciò occorre promuovere il disarmo umanitario su diversi fronti, perché non basta mettere al bando questi ordigni bisogna anche agire sui flussi finanziari che permettono la loro produzione.

In Italia, come Campagna italiana contro le mine, stiamo ormai da circa dieci anni promuovendo il disegno di legge “Misure per contrastare il finanziamento delle imprese produttrici di mine antipersona, di munizioni e submunizioni a grappolo” (ddl C1813) proprio perché crediamo che solo con un’azione integrata si riuscirà a fermare questo mercato di morte che non trova e non deve trovare nella sicurezza delle forze armate alcuna giustificazione che vada scapito delle popolazioni civili. Il ddl C1813 è stato però stranamente «congelato» nella Commissione Finanze della Camera in attesa di calendarizzazione.”

* Direttore della Campagna Italiana contro le mine

L’immagine di copertina è tratta dal sito della Campagna internazionale

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