di Raffaele Crocco
C’è l’accordo: forse. Alcuni osservatori dicono sì, altri giurano che si tratta solo – come dire – di una premessa, di un primo passo. Quello che appare certo è che da Parigi arrivano forti e chiari i segnali di disgelo fra Russia e Ucraina dopo cinque anni di guerra, iniziata quando Mosca aveva occupato e poi annesso la Crimea e continuata quando buona parte delle regioni ucraine orientali finirono sotto il controllo dei separatisti filorussi. Lo scontro tra separatisti ed esercito ucraino ha provocato 13mila morti, 40mila feriti e circa 1,5 milioni di profughi.
Ora i due presidenti, Putin e Zelensky, aiutati dal presidente
Spieghiamo: la “Formula di Steinmeier” viene dal ministro degli Esteri tedesco che, nel 2016, avanzò una proposta di pace che prevedeva prima una modifica costituzionale di Kiev, con la creazione di regioni a larga autonomia abitate dai filorussi, poi elezioni amministrative proprio in quei territori. Il “Formato Normandia”, invece, è il gruppo internazionale formato da Russia, Ucraina e Francia e Germania che lavora per trovare gli accordi.
In questi ambiti, quindi, si muove l’accordo trovato il 10 dicembre. Le parte difficile, però, viene adesso. I due Paesi sembrano avere idee differenti su come applicare l’accordo. Ad
Così si resta nel guado, anche se il 20 dicembre sono arrivate altre note positive. Le due compagnie energetiche nazionali, Gazprom e Naftogaz, hanno firmato un protocollo d’intesa per il rinnovo dei contratti sul passaggio del gas russo verso l’Europa attraverso il territorio. Per fine anno prevista la firma dell’accordo finale, valido cinque anni. Un’altra crisi sembra evitata.
In copertina uno scatto di Manu Brabo durante il conflitto. Brabo è tra i finalisti di Wars, il concorso fotografico dell’Atlante