C’è una cosa che pochi sanno o pochi considerano: gli stranieri che arrivano in Italia giovani e forti, quando invecchiano o si ammalano tendono a tornare a casa loro. Gli specialisti danno un nome al fenomeno “salmon bias”, rifacendosi ai salmoni che per riprodursi tornano al torrente in cui sono nati.
E’ uno degli elementi che spiccano nel rapporto ‘Lo stato di salute della popolazione immigrata in Italia: evidenze dalle indagini multiscopo istat’ redatto nel 2017 da l’Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e il contrasto delle malattie della povertà (INMP). Si tratta del primo studio sistematico sul tema. Ne vengono fuori dati importanti e utili per capire cosa succede e quale sia il rapporto con la salute e con il sistema sanitario pubblico di quell’8,3 per cento della popolazione nazionale che non è italiana.
Si rileva, ad esempio, che il vantaggio di salute che gli immigrati posseggono al loro arrivo rispetto alla popolazione nativa inizia a mostrare segnali di deterioramento. Insomma, la gente che arriva qui peggiora, da punto di vista sanitario. Da considerare che le ragioni dell’iniziale vantaggio dipendono dal fattore anagrafico: arrivano in Italia le persone più giovani e più sane di quelle che restano nel proprio Paese. Con il tempo, però, le persone straniere iniziano ad adottare stili di vita simili a quelli degli strati socialmente ed economicamente più poveri del Paese ospitante. E’ così stato osservato che nel lungo periodo l’iniziale vantaggio si capovolge, per passare da condizioni favorevoli a sfavorevoli.
Cosa ancora? Gli uomini stranieri che si percepiscono in buona salute sono l’88,8% contro l’86,4% delle donne straniere (nella popolazione italiana i valori sono rispettivamente pari a 85,3% e 81,8%).
Lo stato di salute è influenzato da una serie di fattori socioculturali diversificati in base al Paese di provenienza. A sentirsi in buona salute tra i cittadini dei Paesi Ue sono soprattutto i polacchi (88,4%) mentre tra i non comunitari troviamo i cinesi (90,2%), i filippini (90,2%) e gli indiani (88,8%). In fondo alla classifica si trovano gli ucraini (85,8%) e i marocchini (85,2%). Sul piano psicologico, maggior benessere c’è tra gli indiani (55,4%), mentre più vulnerabili appaiono i tunisini (52,5%).
Il ricorso ai servizi sanitari è una componente essenziale, ma la scarsa o assente conoscenza dei diritti all’assistenza e la paura di segnalazione rimangono elementi che limitano l’accesso alle cure.
In assenza di disturbi o sintomi vanno dal medico il 57,5% degli stranieri, di più le donne (59,6% contro il 53,9% degli uomini) e i giovani under 14 (62,9%), di meno i cinesi (44,1%). Si rivolgono al Pronto soccorso soprattutto tunisini e marocchini, meno i cinesi. Chiamano la guardia medica di più i giovani adulti e chi vive al Mezzogiorno, al consultorio soprattutto le donne tra i 25 e i 34 anni.
Il 13,8% degli stranieri (di 14 anni e più) ha difficoltà a spiegare in italiano i disturbi al medico e il 14,9% a comprendere ciò che il medico dice. Lo svantaggio è maggiore per le donne, per gli over 54, per chi ha un titolo di studio basso e per le comunità cinesi, indiane, filippine e marocchine. Il 13% dei cittadini stranieri ha difficoltà a svolgere le pratiche amministrativo-burocratiche nell’accesso alle prestazioni sanitarie, soprattutto se cinesi o indiani. Gli orari di accesso alle prestazioni sanitarie sono incompatibili con gli impegni familiari o personali per l’8,6% degli stranieri di 14 anni e più, con gli impegni di lavoro per il 16% di quelli di 15 anni e più.
Alcune malattie possono insorgere per l’esposizione ad alcuni fattori di rischio come fumo, abuso di alcol, scorretta alimentazione, sovrappeso e/o obesità, sedentarietà. Il 23,2% degli stranieri di 14 anni e più consuma abitualmente tabacco, contro il 25,8% degli italiani. Come nel caso degli italiani, l’abitudine è più diffusa tra gli uomini (32,4%) che tra le donne (15,1%). Inoltre, quasi un terzo degli stranieri è sovrappeso (30,9%) e l’obesità interessa il 7,8%.
Tutto questo sapendo che in Italia la presenza straniera è sempre più stabile e consolidata: il numero di cittadini stranieri residenti in Italia è raddoppiato negli ultimi dieci anni, passando da 2,4 milioni nel 2005 a oltre 5 milioni nel 2015, arrivando a rappresentare – come dicevamo – l’8,3% della popolazione residente.