Dossier/ Basi militari in Italia: il progetto di Pisa e chi si oppone

Le basi militari sono dislocate in tutta Italia. 120 sono le basi “di alleanza”, cioè Nato e per l’esercito statunitense. Esistono oggi quattro tipologie di base. Le prime furono concesse agli Stati Uniti negli anni Cinquanta. Sono sotto controllo italiano, ma gli Stati Uniti mantengono il controllo militare su equipaggiamenti e operazioni. Ci sono poi basi Nato gestite dall’alleanza, le basi italiane messe a disposizione della Nato e infine quelle a comando condiviso tra Italia, Stati Uniti e Nato. A queste se ne aggiunge poi un’altra tipologia. Esistono infatti circa venti basi segrete, di proprietà degli Stati Uniti, la cui posizione non è nota per ragioni di sicurezza.

Ci sono poi oltre 105 strutture tra centri di ricerca, depositi, poligoni di addestramento, stazioni di telecomunicazione e antenne radar sparpagliate sul territorio nazionale. L’Italia è il Paese europeo con più basi militari statunitensi e Nato, a seguire la Germania che ne ha circa 70 e terza la Gran Bretagna con circa 30. La storia delle basi militari statunitensi inizia nel 1951, a seguito della sottoscrizione di un’intesa di collaborazione tra i due Stati.

Le basi, così come quelle che si trovano negli altri Paesi Nato, godono di extraterritorialità e non sono soggette all’ordinamento giuridico della Nazione in cui si trovano. Tutto ciò che accade al loro interno è coperto da segreto, così come il numero delle forze presenti. Secondo stime ufficiose, però, sul territorio italiano vivrebbero almeno 13 mila militari statunitensi.

Questa il primo di tre dossier che analizzeranno il tema, per capire quali sono le basi esistenti, quelle in costruzione imminente, quanto costa mantenerle (questione non semplice perché i dati non sono pubblici) e quale il quadro legislativo. Negli approfondimenti si dà anche spazio ai movimenti che, un po’ in tutta la Penisola, contrastano le basi esistenti principalmente denunciando l’impatto ambientale, e quelle che c’è in programma di realizzare a breve.

Pisa, nuova piattaforma logistica per la guerra?

Nel decreto legge “Infrastrutture” approvato il 24 giugno 2024 sono state riportate le intenzioni del Governo sul destino della militare dell’Arma dei carabinieri nel Parco di San Rossore (Pisa), adiacente alla base di Camp Darby.

Il nuovo progetto della base militare a San Piero a Grado è molto più imponente di quello del 2022 che riguardava l’area di Coltano con il via libera di Mario Draghi e del ministro Guerini. Il Movimento No Base, impegnato da anni a contrastare l’opera ha rilevato che saranno circa 140 gli ettari interessati (erano 70 nel 2022) dal nuovo progetto. 520 sono i milioni di euro investiti (erano 190 nel piano precedente), per una previsione di 10 anni di cantieri che coinvolgerà anche il comune di Pontedera (a 26 km di distanza), dove si prevede la costruzione di un Poligono di tiro a cielo aperto e una pista automobilistica di addestramento. “92.5 milioni sono già stanziati – spiega il Movimento No base – 72.5 milioni per il primo lotto vengono dal Fondo di Sviluppo e Coesione, mentre i secondi 20 milioni vengono dal Ministero delle Infrastrutture, con l’intento non dichiarato di avviare i lavori entro la fine dell’anno 2024″.

Il nuovo progetto non è concentrato nel borgo di Coltano (frazione del Comune di Pisa) ma coinvolge più da vicino il Parco di san Rossore e l’area dell’ex Cisam (Centro internazionale studi militari), dove si trova anche un vecchio reattore nucleare dismesso. All’interno del Parco di san Rossore, un’area protetta di 23mila ettari a terra a cui si aggiunge l’area marina protetta delle Secche delle Meloria, avranno la loro sede il Primo reggimento carabinieri paracadutisti Tuscania, che occuperà 20 ettari, e i militari del Gis (Gruppo intervento speciale) antiterrorismo dell’Arma, a cui sono riservati 40 ettari. Altri 30 sono poi destinati ad alloggi, aree comuni e impianti sportivi. Avrà poi sede nel Parco anche il Centro Cinofili.

Il movimento No Base ha denunciato da subito il nuovo piano e pianificato una mobilitazione che a luglio e agosto ha coinvolte anche le popolate spiagge del litorale pisano e livornese e che proseguirà in tutto l’autunno. “Centoquaranta ettari è la superficie che coprirebbe 200 campi da calcio e mezzo miliardo è un quarantesimo di un’intera finanziaria di un paese come l’Italia” dicono dal Movimento “Nei piani del Governo Pisa deve diventare la piattaforma logistica per la guerra con un sistema di infrastrutture militari ormai incalcolabile, tutte connesse”

“Il nostro ruolo, oggi più che mai è essenziale. Riuscire a bloccare l’ingranaggio della guerra passa dalle nostre mobilitazioni, dal tenere insieme la pace e il disarmo, la tutela del parco e la questione democratica. Passa dal corretto utilizzo delle risorse economiche e dalla questione sociale”.

La base di Camp Darby

Il nuovo progetto militare che coinvolge Pisa e Livorno sorge proprio a ridosso della storica base militare di Camp Darby, nata nel 1951 a seguito di un accordo segreto fra governo statunitense e Pentagono e il ministero degli esteri italiano dall’altra. Intitolata in onore di William O. Darby (generale statunitense rimasto ucciso il 30 Aprile 1945 durante un’azione nel nord Italia), la base, che è, a tutti gli effetti, una base militare USA anche se ospita un comando Nato.

Occupa circa 2mila ettari (nel Parco di Migliarino-S. Rossore) in provincia di Pisa e a pochi passi da Stagno, periferia di Livorno. Camp Darby (ecentemente rinominata come Darby military community) era nel 2018 (e con ogni probabilità ancora oggi) il deposito di materiale bellico più grande al di fuori del territorio statunitense, come confermato dal comandante Erik Berdy, che in un’intervista l’ha definita “il più grande arsenale USA al di fuori della madrepatria e dal 1990 quasi sempre movimentato in occasione dei diversi conflitti in atto”

Nella base vengono stoccate armi convenzionali di tutti i tipi ed è la sede di 26 strutture di appoggio dell’esercito, dell’aviazione e del Dipartimento della Difesa. Dalla base permette il trasferimento simultaneo di attrezzature, veicoli e munizioni alle unità in attesa ed è l’unica nell’Europa meridionale da cui si possano trasportare munizioni via mare. A Camp Darby vivono oltre 2mila persone tra militari di esercito e aviazione e personale amministrativo.

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