Dossier/ Cartoline da Atlantide: territori e culture a rischio per il clima (3)

di Rita Cantalino

Ogni musulmano adulto, purché in condizioni economiche e di salute favorevoli, è tenuto una volta nella vita all’Hajj, il pellegrinaggio con destinazione La Mecca da svolgere dall’ottavo al dodicesimo o tredicesimo giorno di Dhu al-Hijjah, l’ultimo mese del calendario islamico. Ogni anno sono coinvolte circa due milioni di persone. Diverse sono state le occasioni in cui incidenti o scontri hanno generato centinaia di morti.

Quest’anno i cambiamenti climatici sono stati causa principale del disastro, con circa 1.300 decessi legati alla temperatura che, a La Mecca, ha superato i 50 gradi. Temperature estreme, desertificazione, ma anche eventi climatici violenti stanno rendendo inabitabili molti territori. Il dato riguarda il Corno d’Africa così come diverse regioni asiatiche, ma anche le città europee vedono la popolazione più fragile esposta a devastanti conseguenze in termini di salute.

Dossier/ Cartoline da Atlantide: territori e culture a rischio per il clima (1)

Dossier/ Cartoline da Atlantide: territori e culture a rischio per il clima (2)

I dieci Paesi più colpiti

Somalia, Cina, Filippine, Pakistan, Kenya, Etiopia, India, Brasile, Bangladesh e Malesia: questi i dieci Paesi più colpiti al mondo dalla crisi climatica. Qui continuano ad alternarsi precipitosamente inondazioni e periodi di siccità: 24 gli eventi registrati nel 2013; 656 quelli del 2023. I numeri indicano che la situazione sta precipitando. Dieci anni fa la Somalia veniva colpita da due catastrofi l’anno: nel 2023 sono state 223. Le Filippine sono passate da 3 a 74; il Brasile da 4 a 79; la Malesia da una a 127. Nell’ultimo decennio il numero di sfollati legati a eventi climatici estremi è passato dai 3,5 milioni ai 7,9 milioni.

Inondazioni o ondate di calore determinano l’invivibilità dei territori sia dal punto di vista fisico (vedi approfondimento 2) sia perché limitano l’accesso alle risorse. In Bangladesh, Etiopia, Kenya, Pakistan e Somalia le persone colpite da malnutrizione nell’ultimo decennio sono diventate 55 milioni. Nel 2013 erano 14 milioni. In Somalia una prolungata siccità, alternata a improvvisi cicloni e inondazioni, ha generato milioni di dollari di perdite, migliaia di vittime e milioni di sfollati. Solo le inondazioni dello scorso dicembre sono costate 230 milioni di dollari, 1,2 milioni di sfollati e 118 vittime. In Bangladesh, la settima nazione più vulnerabile alla crisi climatica al mondo, i disastri del 2023 hanno portato allo sfollamento di 1,8 milioni di persone. Chi è rimasto senza raccolti né reddito è andato via; chi non lo ha fatto, vive esposto alle future catastrofi.

 Regioni invivibili per il calore estremo

Se il riscaldamento globale dovesse superare 1,5°C, gli esseri umani di gran parte del pianeta sarebbero esposti a seri rischi per la salute. Particolarmente vulnerabili le regioni ad alta umidità, dove è già cresciuto il rischio di attacchi cardiaci. Tanto più prolungato è il periodo di calore, tanto più cresce il pericolo. Il dato riguarda innanzitutto i più poveri, come i 700 mila abitanti di Al Hudaydah, città portuale dello Yemen: se la temperatura del pianeta dovesse arrivare a +4°C rispetto all’epoca preindustriale, in un anno potrebbero subire 300 giorni caldo intollerabile, con temperature, cioè, al di sopra di 35°C, limite tecnico della capacità umana di termoregolazione biologica. Con 3 gradi in più, sarebbero esposte le popolazioni dalla Florida a New York, da Houston a Chicago e quelle di Sud America e Australia. Se l’aumento dovesse essere contenuto entro i 3°C, 197 città al mondo avrebbero più di 150 giorni con temperature estreme. L’India è il territorio più esposto: già adesso in una baraccopoli di Mumbai è stato registrata una temperatura media di 6 gradi più alta delle aree circostanti; al momento le città più calde come Ahmedabad sono esposte a 164 giorni di calore intollerabile ma, così come a Maiduguri, in Nigeria, potrebbero diventare 225.

Salendo solo di 2 gradi le temperature sarebbero intollerabili per 2,2 miliardi di persone in Pakistan e India, 1 miliardo in Cina orientale e 800 milioni in Africa sub-sahariana. Restando nei termini dell’Accordo di Parigi e fermando il surriscaldamento globale a 1,5°C, prospettiva che molti danno come inattuabile, la valle del fiume Indo e alcune parti del Medio Oriente sarebbero inabitabili e 67 città sperimenterebbero 150 o più giornate da bollino rosso.

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