Dossier/ Cartoline da Atlantide: territori e culture a rischio per il clima (4)

di Rita Cantalino

Il viaggio di Cartoline da Atlantide si conclude con un approfondimento sull’Italia. Anche molte aree dello Stivale sono a rischio. La caratteristica forma della nostra penisola la espone all’erosione costiera, mentre gli sconvolgimenti di un clima tradizionalmente mite alimentano la desertificazione crescente. Diversi studi hanno individuato aree che, entro la fine di questo secolo o la metà del prossimo, potrebbero scomparire sotto il livello del mare, mentre lo scorso 17 giugno, giornata mondiale per la lotta alla desertificazione, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ha lanciato l’allarme: ”il 17,4% della superficie nazionale risulta in stato di degrado”.

In quest’ultimo approfondimento analizzeremo i rischi che l’Italia corre e le aree che potrebbero diventare inabitabili o addirittura scomparire per gli impatti della crisi climatica, soffermandoci in particolare su due fenomeni (l’innalzamento del livello del mare e la desertificazione del suolo) e su due territori emblematici: Venezia e la Sicilia.

Dossier/ Cartoline da Atlantide: territori e culture a rischio per il clima (1)

Dossier/ Cartoline da Atlantide: territori e culture a rischio per il clima (2)

Dossier/ Cartoline da Atlantide: territori e culture a rischio per il clima (3)

Il mare

L’istituto di ricerca Climate Central ha elaborato una mappa interattiva che mostra le conseguenze dell’innalzamento del livello dei mari sulle città costiere di tutto il mondo. Lo strumento offre uno screening del rischio costiero a seconda dei diversi scenari di innalzamento della temperatura media globale. Il territorio italiano è interessato in diversi punti: l’area del delta del Po e Venezia potrebbero esser sommerse, così come l’area di Monfalcone in Friuli-Venezia Giulia.

Entro i prossimi duecento anni potrebbero divenire un ricordo anche le coste di Ravenna e Rimini: se la temperatura dovesse aumentare fino a 3,8° rispetto alle medie preindustriali, le due città finirebbero almeno 1 metro sotto il mare. Spostandoci al centro, in pericolo anche la Toscana costiera: Marina di Carrara, Livorno, insieme a larga parte della provincia di Grosseto. Sott’acqua anche Montalto Marina, nel Lazio, e il mare di Roma: in pericolo Fiumicino, Ostia e la costa ardeatina, con buona parte del territorio della provincia di Latina.

Anche le città meridionali del Tirreno potrebbero perdere larga parte del loro territorio: entro la fine del secolo il mare bagnerà larga parte della zona costiera di Napoli, dell’area a ridosso di Pompei e coprirà la costa da Salerno ad Agropoli. Non sarà esente dal fenomeno il golfo ionico, né le coste pugliesi e calabresi, così come la Sicilia, dove l’acqua potrebbe coprire da Catania ad alcune aree di Augusta, in provincia di Siracusa.

La terra

Il clima che cambia colpisce il nostro paese abbassando la qualità dei suoli: secondo Ispra, più del 17% della superficie nazionale è ormai degradata. Diversi i fenomeni sotto la lente dei ricercatori: erosione, salinizzazione, compattazione, contaminazione e impermeabilizzazione stanno mettendo a rischio il suolo nazionale. Tutti questi fenomeni rappresentano diversi aspetti della desertificazione che già adesso interessa aree di tutto il paese, anche se con maggiore forza per alcune zone come la Sicilia. La desertificazione a cui stiamo assistendo e che in questa rovente estate sta mostrando le sue conseguenze, tra le quali una forte scarsità idrica, è una delle conseguenze principali dei cambiamenti climatici, ma deriva o è aggravata anche da altri fattori. La deforestazione cui ampi polmoni verdi sono sottoposti, ad esempio, aggrava la situazione, così come alcune pratiche di agricoltura intensiva o di pascolo eccessivo.

Questi fenomeni mettono a rischio servizi essenziali per la sopravvivenza umana nelle zone che colpiscono: tra le conseguenze più evidenti ci sono l’impoverimento, la scarsità di cibo e acqua e le problematiche sanitarie connesse, ma ci sono rischi poco percepiti e ben più gravi: un suolo degradato non è in grado di contenere i corsi d’acqua nelle fasi di piena, né di essere utile alla corretta conservazione e gestione di risorse idriche, né, infine, a conservare in maniera permanente la CO2 che immagazzina, con il concreto pericolo di aggravare la situazione emissiva del nostro paese, alimentando ulteriormente la crisi climatica.

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