La Cina può contare oggi su quello che è ritenuto il terzo esercito più potente del mondo (dopo Stati Uniti e Russia). A collocarla in questa posizione è il Global Fire Power (Gfp), un think thank che effettua il monitoraggio di tutto ciò che riguarda il mondo militare e i conflitti in corso, fornendo poi una visualizzazione analitica dei dati relativi a 142 nazioni. Per stilare questa classifica prendono in considerazione oltre 50 fattori: dal numero di soldati in rapporto alla popolazione al budget destinato alla Difesa, dalla dotazione tecnologica alla disponibilità, diversità usura di mezzi e armamenti (aerei da combattimento, carri armati, unità navali, sistemi missilistici, ecc.), dalla capacità logistica alle condizioni economiche, industriali, logistiche e geografiche di ogni singola nazione ai Paesi alleati sui quali poter contare. Cui si aggiungono infine dei bonus dati alle potenze nucleari, agli eserciti del blocco NATO, ai piccoli Stati “così da poterli far competere”. Analizzati questi fattori, ad ogni nazione viene attribuito un “indice della forza militare”. Ormai da anni, stabili nelle prime due posizioni ci sono Stati Uniti e Russia, le due potenze che possono contare sui budget più elevati e sulle maggiori e più moderne dotazioni. Al terzo posto, come detto, troviamo la Cina, che ha iniziato ad ammodernare il proprio arsenale soltanto nell’ultimo decennio, restando tuttora non comparabile con quello delle prime due potenze mondiali.
Il gigante asiatico conta la maggiore popolazione e il numero più elevato di soldati al mondo: prendendo in considerazione soltanto gli effettivi (quindi senza riservisti o paramilitari) ben 2.185.000. Seguono India (1.455.550), Stati Uniti (1.388.100), Corea del Nord (1.280.000) e Russia (1.014.000). I numeri, in questo caso, sono del World Population Review, un’organizzazione statunitense indipendente che elabora dati demografici per renderli accessibili al cittadino comune. Altro dato degno di nota è quello sulla spesa militare. La Cina, con 293 miliardi di dollari destinati allo scopo nel 2021 (il 4,7% in più rispetto all’anno precedente), ha rappresentato il 14% della spesa mondiale in questo comparto, piazzandosi così al secondo posto dopo gli Stati Uniti (38%). Seguono India (3,6%), Regno Unito (3,2%) e Russia (3,1%). Percentuali stilate dallo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), un istituto con sede a Stoccolma che fornisce dati, analisi e raccomandazioni su guerre, spese militari, commercio di armi, disarmo e controllo degli armamenti. Fin qui i numeri, su quello che a detta degli esperti diventerà presto il principale avversario militare globale (e non solo) degli Stati Uniti.
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(Red/Est/ADP)

Il nuovo esercito di Xi
L’Esercito Popolare di Liberazione (EPL) un tempo veniva lodato dal Partito Comunista per aver sconfitto gli avversari percorrendo lunghe distanze via terra, con soldati armati solo di fucili. La Cina ha del resto affermato il proprio potere nella regione attraverso le forze di terra, numerose ma spesso male addestrate ed equipaggiate. La svolta è avvenuta negli ultimi dieci anni dell’era di Xi Jinping, in carica ininterrottamente come presidente dal 2013. È stato lui a creare un forza aerea e navale degna di nota, chiedendo di completare il suo piano per rendere “completamente modernizzate” le forze armate entro il 2035, per far diventare l’EPL un “esercito di livello mondiale” in grado di combattere guerre in qualsiasi teatro di operazioni entro il 2050. Al pari di altre potenze, quali USA e Russia, la Cina si è inoltre dotata di una propria forza militare dedicata allo spazio. Altro campo di battaglia diventato strategico a livello geopolitico.
La Marina dell’Esercito Popolare di Liberazione è attualmente la più grande del mondo, con oltre 340 unità (anche se spesso molto piccole), comprese tre grandi portaerei (gli USA ne contano 10): la Liaoning, la Shandong e la nuova Type 003 (dotata di catapulte di lancio). A dirlo è il China Military Power Report del 2022, redatto ogni anno dal Dipartimento della Difesa statunitense per delineare le sfide militari che devono affrontare con il Gigante Asiatico. Nell’estate 2022 è stata inoltre varata la nave drone semi-autonoma Zhu Hai Yun: manovrata a distanza in porto, in alto mare il controllo passa all’intelligenza artificiale. Tornando alle 340 unità in servizio, tra il 2017 e il 2019 la Cina ha costruito più navi militari di India, Giappone, Australia, Francia e Regno Unito messi insieme. Altre sono state commissionate, viste le rivendicazioni marittime in corso con Taiwan, Filippine, Vietnam, Malesia, Brunei e Giappone. I sottomarini dell’EPL possono inoltre lanciare missili atomici. Secondo il Dipartimento della Difesa Usa, la Cina avrebbe nel proprio arsenale oltre 400 testate nucleari operative. E, se lo sforzo di modernizzazione continuerà con questo passo, potrebbero diventare circa 1.500 entro il 2035. Esistono poi delle milizie marittime a supporto della Marina, mentre dal 2021 il governo di Pechino ha autorizzato la propria Guardia Costiera ad aprire, se necessario, il fuoco sulle navi straniere.
Riguardo all’Aviazione, quella dell’Esercito Popolare di Liberazione è la maggiore della regione dell’Indo-Pacifico, con oltre 2.800 velivoli, di cui circa 2.250 da combattimento, ancora secondo il China Military Power Report del 2022. Tra questi, anche l’H-6N presentato dai cinesi come il loro primo bombardiere nucleare rifornibile in volo, o la flotta di caccia J-20 stealth (invisibili in volo ai radar). Cui si aggiungono i velivoli senza pilota (UAV) dotati di armamenti, di cui la Cina è diventata uno dei principali esportatori mondiali. Il citato report della Difesa USA segnala, ad esempio, quello a reazione Xianglong o il WZ-8 supersonico. Mentre i dati del SIPRI di Stoccolma rivelano la vendita di UAV armati cinesi a diversi Paesi, comprese le petromonarchie del Golfo (come Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita). Ancora di più da quando il Congresso degli Stati Uniti ha vietato a molte nazioni di acquistarli dagli USA, per problematiche legate al mancato rispetto dei diritti umani.
Vecchie armi, catena di comando inefficiente e corruzione
L’arsenale cinese di armi conquista da anni le prime pagine dei giornali, anche grazie alla propaganda che cerca di mostrare al mondo una crescita tecnologica apparentemente inarrestabile e la strategia di fusione militare-civile del proprio settore industriale. Ma l’Esercito Popolare di Liberazione ha tuttora nei propri depositi una grande quantità di attrezzature vecchie e quindi ormai obsolete. Alcune delle quali costruite utilizzando le tecnologie dell’ex Unione Sovietica, crollata ben tre decenni fa. La capacità di combattimento delle forze armate cinesi sarebbe inoltre ostacolato, secondo gli analisti, dallo scarso addestramento e coordinamento tra le varie componenti. L’invasione dell’Ucraina da parte del Cremlino ha dimostrato quanto sia importante avere un buona capacità di coordinamento tra le forze da parte del comando centrale. Sulla scia di quanto fatto negli Usa, la Cina ha istituito una Commissione militare centrale, presieduta dal presidente che ha ora una leadership diretta sulle forze armate. Mentre nel 2016 sono stati istituiti cinque comandi interforze dislocati in tutto il Paese, ai quali afferiscono l’Esercito, la Marina e l’Aeronautica. L’obiettivo è di rendere le operazioni maggiormente integrate.
Secondo alcuni analisti, alla Cina mancherebbe inoltre l’esperienza di combattimento contemporanea, avendo combattuto l’ultima vera guerra nel lontano 1962 in India. L’addestramento e le esercitazioni sempre più realistiche, di terra nella provincia sud-orientale del Fujian a quelle più estese e regolari via mare e in aria nei pressi dell’isola contesa di Taiwan (che la Cina rivendica come propria), potrebbero a loro dire colmare solo in parte ciò che può essere appreso sul campo in un conflitto reale. Mentre in merito alla possibile proiezione delle forze armate lontano dai propri confini nazionali, il report del Dipartimento della Difesa USA evidenzia come attraverso lo sviluppo della propria infrastruttura logistica commerciale, la Cina stia cercando di aprire basi e strutture logistiche all’estero. Mancanza di controllo, favoritismi e nepotismo favoriscono inoltre la corruzione. Ritenuta endemica, nonostante la lotta per farvi fronte lanciata dal presidente Xi. Centinaia i funzionari e i quadri militari arrestati o allontanati dalle forze armate. L’altro problema evidenziato dagli esperti è la qualità delle reclute. Nonostante gli appositi incentivi governativi, i giovani cinesi più istruiti vengono attratti dal crescente e maggiormente remunerativo settore privato. L’Esercito Popolare di Liberazione cinese resta così tuttora costituito per un terzo da coscritti, inquadrati in un servizio militare obbligatorio della durata di due anni. Con il reclutamento che avviene ora due volte l’anno e non più una, consentendo secondi arruolamenti.