Dossier/ Guerra alla Terra: l’impatto ambientale delle attività militari (5)

di Rita Cantalino

Le attività militari comportano di per sé, come già mostrato in questa serie di dossier, gravi impatti ambientali. Abbiamo ampiamente affrontato il nebuloso ambito delle emissioni, i cui meccanismi di rendicontazione, già parziali, risultano ambigui. Le guerre hanno impatti climatici e ambientali molto gravi, come accaduto a Gaza e in Ucraina. Spesso, per altro, si tratta di danni causati in maniera volontaria e strategica, come quando gli Stati Uniti hanno diffuso erbicidi defolianti durante la guerra del Vietnam: una pratica dal discutibile valore strategico e dagli enormi impatti ambientali, che è divenuta un vero e proprio caso studio quando si parla di guerra ambientale.

Allo stesso modo abbiamo illustrato diversi casi in cui le basi militari generano danni all’ambiente e alla salute della popolazione circostante, come nel caso sardo, in quello della Nellis Air Force Base di Las Vegas e in molti altri ampiamente documentati dalla letteratura scientifica. La vegetazione compromessa dall’esistenza di un campo militare può impiegare fino a sessant’anni per essere ripristinata. 

Dossier/ Guerra alla Terra: l’impatto ambientale delle attività militari (1)

Dossier/ Guerra alla Terra: l’impatto ambientale delle attività militari (2)

Dossier/ Guerra alla Terra: l’impatto ambientale delle attività militari (3)

Dossier/ Guerra alla Terra: l’impatto ambientale delle attività militari (4)

Gli impatti ambientali delle attività militari ordinaria

Il neocolonialismo militare è spesso alla base di ingiustizie ambientali e sociali, come accaduto nell’isola di Vieques, a est di Porto Rico dove, per installare una base della Marina militare statunitense, la popolazione è stata sfollata.

Ci sono anche altri impatti, più indiretti ma ugualmente pericolosi. In Groenlandia lo scioglimento di alcuni ghiacciai ha fatto emergere rifiuti di basi militari statunitensi segrete con potenziali tensioni internazionali. Anche i conflitti a bassa intensità generano danni agli ecosistemi. Lo fanno facilitando crimini ambientali come lo scarico illegale di rifiuti o il traffico di minerali. La “guerra alla droga” promossa dagli Stati Uniti ha richiesto l’incendio di enormi piantagioni di coca in Colombia con la diffusione aerea di pesticidi molto pericolosi per la salute della popolazione locale oltre che per il benessere degli ecosistemi.

Ci sono infine gli impatti diretti sulla salute delle persone. Esistono molte malattie associate direttamente alle attività militari. Una di queste è la “malattia del Golfo”, una sindrome denunciata da molti veterani esposti per anni ad agenti chimici e incendi di pozzi petroliferi. Allo stesso modo, malattie e morti tra soldati e popolazioni locali sono stati associati a pratiche di smaltimento di rifiuti solidi tramite combustione in Afghanistan e Iraq.

Un ostacolo per le politiche climatiche

Le attività delle forze militari generano danni climatici e ambientali diretti, ma ci sono anche livelli di interferenza indiretti e, spesso, sotterranei. C’è innanzitutto la questione fondamentale: i finanziamenti. Le politiche militari sono spesso in competizione con quelle ambientali per la gestione di budget limitati. A volte gli apparati militari giocano un ruolo di primo piano nel contrasto a politiche climatiche virtuose, come accaduto in Myanmar dove sono stati il principale ostacolo alla pianificazione nazionale del paesaggio in funzione dell’adattamento. Le forze militari sono tra le cause della vulnerabilità climatica in Eritrea e impediscono una protezione efficace delle foreste in Laos. Hanno avuto un ruolo di primo piano nell’indebolire i piani di adattamento in Bangladesh.

Oltre a limitare l’adattamento, le attività militari hanno un ruolo impattante anche nell’indebolire le politiche di mitigazione. L’accaparramento di ampie aree per l’installazione di centri di addestramento è uno dei grandi temi nei paesi industrializzati dove la terra è già poco disponibile e le risorse energetiche limitati. Casi del genere riguardano l’utilizzo militare delle fattorie solari in Israele o dei parchi eolici in Finlandia, Svezia e Norvegia.

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