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Dossier/ Il quadro del rischio ecologico globale (2)

Foto di Michel Isamuna su Unsplash

di Rita Cantalino

Nei contesti dove gli effetti del cambiamento climatico incontrano una governance di partenza debole la possibilità di conflitti armati è molto elevata. Accade ad esempio nel Sahel, dove vive meno del 7% della popolazione africana ma c’è quasi il 16% delle morti totali legate ai conflitti. In zone di transizione come questa, la probabilità di un conflitto è più alta del 27% rispetto ai contesti non frontalieri, per una serie di ragioni che illustreremo in questo approfondimento.

I confini etnici esistenti sono spesso origine di conflitti, molto di più delle situazioni in cui, invece, i gruppi etnici vivono al di là dei moderni confini statali. Il cambiamento climatico da solo, infatti, non è mai generativo di conflitti, si comporta piuttosto come un moltiplicatore di minacce: amplifica quelli già esistenti, visto che aumenta il grado di concorrenza e di tensione per le risorse scarse. La situazione è sempre relativa alle condizioni di partenza dei singoli paesi o aree: la storia dei conflitti e la presenza o meno di resilienza e debolezza delle istituzioni sono fattori chiave. Per tanto tempo, ad esempio, si è collegata l’ascesa di Boko Haram e dei gruppi estremisti nel nord-est della Nigeria al restringimento del lago Ciad, ma recenti studi hanno mostrato che a essere incidente nel conflitto sono stati di più fattori politici e cattiva gestione delle acque. In generale, i conflitti armati si acuiscono quando, a causa dei disastri naturali, si sovvertono le dinamiche di potere tra le parti in conflitto: situazioni di fragilità possono facilitare il reclutamento di nuovi combattenti, anche a causa delle diminuzioni di reddito.

Dossier/ Il quadro del rischio ecologico globale (1)

*Foto di Michel Isamuna su Unsplash, di seguito Foto di Emma Van Sant su Unsplash

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