Dossier/ La Mediazione di Pace: vecchi e nuovi attori

La mediazione di pace si trova ad affrontare una crisi di identità, a causa del cambiamento del contesto globale e delle difficoltà a raggiungere risultati duraturi. Per capire quali sono le nuove tendenze questo dossier analizza il rapporto “L’Italia e la mediazione”, presentato durante il sesto forum dedicato al Peacebuilding  e organizzato dall’Agenzia per il Peacebuilding a Bologna il 16 e 17 maggio 2024. Il rapporto in particolare delinea la trasformazione della mediazione di pace a livello globale e il ruolo unico che l’Italia può svolgere.

La pubblicazione avviene in un momento chiave, poiché come ricorda uno degli autori, e Responsabile di Ricerca e Policy per Agenzia per il Peacebuilding, Bernardo Venturi, “La mediazione per la pace è notevolmente cambiata negli ultimi anni. Nuovi attori come il Qatar e la Turchia svolgono un ruolo importante. In questo quadro, molti paesi si sono dotati di strutture di supporto alla mediazione all’interno del Ministero degli Esteri in cooperazione con organizzazioni non-governative specializzate. Questa è una pista che anche l’Italia può seguire”.

L'Italia e la mediazione di Pace

La politica estera italiana è stata, secondo il rapporto, incentrata su tre aree principali: Europa, Mediterraneo e relazioni transatlantiche, anche se nell’ultimo decennio, è emerso un crescente interesse per l’Africa subsahariana. Come secondo elemento c’è il fatto che “l’Italia ha avuto la tendenza a mantenere un approccio da gregario attraverso la propria partecipazione alla comunità internazionale preservando o migliorando il proprio status”.

A questo si aggiunge che il Maeci (Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale) ha spesso evidenziato la connessione tra interessi politici e interessi economici e commerciali internazionali presso il Ministero. Questa connessione, secondo l’Agenzia, sottolinea l’interesse dell’Italia nel promuovere relazioni pacifiche, poiché commercia con tutte le regioni del mondo. In terzo luogo, l’Italia ha regolarmente utilizzato la diplomazia per promuovere cause o temi vicini ai suoi interessi o valori, sebbene, in questa direzione, abbia sempre preferito approcci multilaterali.

Interessante poi notare che l’Italia ha anche sperimentato la “diplomazia ibrida”, un’azione sinergica tra istituzioni pubbliche e organizzazioni della società civile. Un esempio è rappresentato dal sostegno del governo italiano alla Comunità di Sant’Egidio per il processo di pace in Mozambico negli anni novanta, o la difesa della libertà di religione presso la Corte Penale Internazionale.

Nel complesso, l’Italia ha dedicato un’attenzione limitata allo sviluppo di capacità specifiche per il peacebuilding e la mediazione, dedicando invece risorse ad alcune priorità provenienti dal sistema multilaterale. Ad esempio, in passato il governo italiano ha prestato attenzione a questioni specifiche come lo sminamento e ha adottato nel 2020 i suoi primi Piani d’Azione Nazionali sull’agenda per le donne, la pace e la sicurezza. Sia il Maeci che l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (Aics) non hanno un’unità specifica dedicata al peacebuilding. All’interno dell’Aics, i temi legati alla pace non costituiscono un’area di lavoro specifica e, quando necessario, vengono considerati dall’Unità Emergenza e Stati Fragili, in un approccio che si può definire di  “Triplo Nesso” (inteso come l’interconnessione tra i tre pilastri più importanti della cooperazione internazionale: umanitario, di sviluppo e di costruzione della pace). Allo stesso tempo, il Maeci non dispone di un elenco di esperti internazionali sulla pace e questioni correlate. Alla fine del 2022, il Maeci ha istituito un focal point come “Coordinatore delle capacità di mediazione”, mettendo in atto una delle raccomandazioni presentate dall’Agenzia per il Peacebuilding nel suo rapporto su Italia e Peacebuilding.

Dopo la sua nomina, il focal point ha redatto note interne sulle capacità di mediazione italiane, evidenziando punti di forza e possibili traiettorie. Tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024, il coordinatore ha stabilito stretti contatti con le organizzazioni della società civile italiane e i centri di ricerca specializzati nel peacebuilding con l’intenzione di stabilire un “gruppo di contatto” e di sviluppare una maggiore cooperazione tra il Maeci e gli attori non statali sulla mediazione di pace.

La crisi dell'Onu

Le Nazioni Unite stanno affrontando grandi sfide nell’assumere un ruolo di primo piano nella mediazione. Secondo il rapporto, sebbene in passato abbia svolto un ruolo di primo piano nei processi di pace di molti Paesi, come Timor Est o la Cambogia, oggi l’Organizzazione delle Nazioni Unite non è l’istituzione principale che lavora alla mediazione in molti conflitti. L’Onu ha ottenuto alcuni successi piuttosto sconosciuti in termini di diplomazia preventiva discreta, per esempio durante le elezioni nigeriane del 2015 o in Malawi (2011-12), ma ha anche perso delle opportunità nei Paesi colpiti da conflitti in cui il Segretario generale o i suoi inviati speciali hanno cercato di fornire mediazione e buoni uffici.

Ad esempio, l’Onu continua a guidare gli sforzi di mediazione relativi ai conflitti a Cipro e nel Sahara Occidentale, ma non è riuscita per decenni a ottenere progressi in nessuno dei due paesi. In altri contesti, come Ucraina, Siria e Yemen, il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha cercato di svolgere un ruolo di primaria importanza con i suoi buoni uffici, tuttavia non è riuscito a cogliere un momento politico favorevole, e molte opportunità per l’istituzione di svolgere un ruolo sono state perse. Allo stesso tempo, le limitazioni negli sforzi del Segretario Onu derivavano anche dalle divisioni che hanno interessato il Consiglio di Sicurezza negli ultimi dieci anni, nonché dalla natura sempre più polarizzata dei dibattiti politici (sia nel Consiglio di Sicurezza che nell’Assemblea Generale) e dalla perdita di legittimità da parte delle tradizionali potenze globali come gli Stati Uniti.

Secondo la Un Mediation Guidance, le Nazioni Unite dovrebbero svolgere un ruolo guida, mentre tutti gli altri attori dovrebbero agire di conseguenza ed essere coordinati dalle Nazioni Unite stesse. Tuttavia, succede raramente. Da un lato, l’Onu spesso non è percepita come un organo imparziale; dall’altro, a volte gli inviati speciali del Segretario non sono figure di spicco in termini di capacità o competenze regionali, e ciò crea opportunità per altri attori di prendere il comando e mettere da parte l’Onu.

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