Dossier/ Pandemia e disuguaglianza

La crisi del coronavirus si è abbattuta su un mondo già estremamente disuguale, peggiorando le condizioni di vita di milioni di persone. Mentre i maxi-miliardari in pochi mesi hanno recuperato tutte le perdite accumulate per l’emergenza Covid-19, i più poveri potrebbero impiegare più di 10 anni a riprendersi dalle conseguenze.

Il virus della disuguaglianza è il nuovo rapporto pubblicato il 25 gennaio 2021 da Oxfam, organizzazione che da anni fa il punto sulla disuguaglianza globale con un dossier, in occasione dell’apertura dei lavori del World Economic Forum di Davos, in Svizzera.

Prima che il Covid sconvolgesse il mondo, nel pianeta circa 2.000 miliardari possedevano più ricchezza di quanta non ne potesse spendere in un migliaio di vite, mentre circa la metà dell’umanità era costretta a sopravvivere con meno di 5,50 dollari al giorno. L’1% più ricco, sotto il profilo patrimoniale, deteneva a metà 2019 più del doppio della ricchezza netta posseduta da 6,9miliardi di persone e bruciava il doppio di carbone rispetto al 50% più povero, acuendo l’attuale crisi climatica e ambientale.

In questo dossier si analizza, con il testo di Oxfam, come è cambiata la situazione nell’anno della Pandemia da Covid 19.

Il Covid esaspera la disuguaglianza

La pandemia ha colpito molto più duramente le persone in stato di povertà ed ha avuto “effetti particolarmente devastanti sulle donne, la popolazione di colore, gli afro-discendenti, i popoli indigeni e le comunità storicamente emarginate e oppresse in tutto il mondo”.

Le donne sono più esposte degli uomini al rischio di perdere il lavoro a causa del coronavirus. In America Latina gli afro-discendenti e i popoli indigeni, già emarginati, hanno subito conseguenze peggiori rispetto al resto della società, sono più esposti al rischio di morte e ancora di più al rischio di povertà.

Secondo Oxfam il coronavirus ha fatto emergere le fragilità dei sistemi sanitari pubblici e ha “rivelato i limiti dei sistemi sanitari privati, basati sul privilegio dei più ricchi”. “La probabilità di morire per Covid- 19 – si legge nel dossier – è molto più alta per chi è povero e probabilmente è ancora più elevata per gli appartenenti alle comunità di colore o indigene. In Brasile, ad esempio, gli afro-discendenti sono molto più esposti al rischio di morte rispetto ai brasiliani bianchi. Se il loro tasso di mortalità fosse uguale a quello dei bianchi, a giugno 2020 oltre 9.200 afro-discendenti sarebbero stati ancora vivi”.

Nei Paesi più poveri la pandemia ha inoltre privato gli alunni di quasi quattro mesi di frequenza scolastica, contro le sei settimane dei Paesi ad alto reddito. L’Indice di Contrasto alla Disuguaglianza (Cri, Commitment to Reducing Inequality) pubblicato da Oxfam e Development Finance International rivela che 103 Paesi hanno affrontato pandemia con almeno un terzo della propria forza lavoro senza di diritti e tutele, come ad esempio l’indennità di malattia. La pandemia ha poi causato “una crescita esponenziale dei lavori sottopagati o non retribuiti, svolti prevalentemente da donne e in particolare da donne appartenenti a gruppi emarginati per motivi razziali ed etnici”.

Poveri più poveri

Si stima che nel 2020 l’aumento del numero totale di persone che vivono in povertà potrebbe essersi attestato tra 20035 e 50036milioni. La ong rileva nel rapporto che ci vorranno oltre dieci anni perché il numero di persone che vivono in povertà possa tornare al livello precedente la crisi.

“La pandemia – si legge – ha rivelato come per la maggior parte degli abitanti del pianeta la distanza dalla miseria equivalga a un solo stipendio. La crisi del coronavirus ci ha mostrato come, per la maggior parte dell’umanità, non vi sia mai stata una via d’uscita definitiva dalla povertà e dall’insicurezza bensì, al massimo, una temporanea e fragilissima tregua”.

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