di Lucia Frigo
Londra – Boris Johnson ha recentemente sostituito Theresa May come primo ministro del Regno Unito nel difficile compito di condurre il Paese fuori dall’Unione Europea entro il 31 ottobre 2019. E se in molti esprimono dubbi sulle sue competenze politiche e intenzioni, quel che è certo è che Boris Johnson ha lavorato alla Brexit probabilmente più di chiunque altro.
Prima di iniziare la sua carriera politica nel 2001 (nello stesso partito
I suoi racconti di un’ UE controversa, volubile, e sempre pronta a imporre nuovi regolamenti su un riluttante Regno Unito hanno fatto breccia tra i suoi lettori, divenuti poi i suoi elettori: una narrazione volutamente ostile e conflittuale che Johnson non ha avuto difficoltà ad alimentare durante la campagna per la Brexit, la stessa che continua a sostenere oggi dal numero 10 di Downing Street.
Un Primo Ministro capace di condurre il Paese a una soluzione soddisfacente sarebbe, in effetti, quello di cui il Regno Unito avrebbe bisogno. L’economia britannica non è mai stata traballante come negli ultimi mesi del 2019: la sterlina ha raggiunto uno dei minimi valori degli ultimi anni, gli agricoltori in Irlanda del Nord non smettono di cercare di vendere i loro terreni, vista l’incertezza della situazione al confine, e il Paese sembra in stallo da quando la May ha dato le dimissioni.
Nei prossimi mesi Boris Johnson dovrà davvero dimostrarsi all’altezza dello statista e stratega di cui si proclama successore. E si troverà a gestire il conflitto sociale alimentato dalla sua narrazione, l’instabilità economica causata da più di tre anni di campagna pro Brexit e un Paese sempre più disilluso.
In copertina: immagine di John Cameron per Unspalsh. Nel testo: Boris Jhonson in una foto istituzionale e in una vignetta satirica (Chappatte in NZZ am Sonntag (Zürich). Sotto: Winston Churchill con Edoardo VIII