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Russia, la variabile Wagner

di Raffaele Crocco

Per capire davvero quale sia la portata degli avvenimenti russi nelle ultime 48 servirà altro tempo. Allo stato delle cose, possiamo cercare di riflettere su particolari che stridono. Possiamo riflettere sulle incongruenze di questo “colpo di mano” che ha visto il capo della milizia privata Wagner, Yevgeny Prigozhin, prima conquistare, senza sparare, Rostov – sede del quartier generale russo nella guerra all’Ucraina – poi marciare su Mosca con 25mila uomini. Infine, arrivato a duecento chilometri dalla capitale, trovare un accordo con il Cremlino, fermare tutto e tornare sui propri passi.

Mentre tutto questo accadeva, in un caldo sabato di giugno del 2023, in Europa e negli Stati Uniti si è parlato di possibile “colpo di Stato”, di segno inequivocabile della “debolezze del Cremlino” – messo in difficoltà dalla mancata, rapida vittoria sull’Ucraina – di evidente “faida interna” che segnerebbe l’inizio della fine del potere putiniano. Può essere, ma ci sono delle evidenti incongruenze nella giornata di ieri. Contraddizioni che la decisione di Prigozhin di fermare la marcia su Mosca e rientrare nei propri quartieri, alimenta ancora di più. Vediamone alcune.

 

 

 

Questi alcuni punti. Quale la conclusione? Ancora non c’è conclusione, in realtà. Abbiamo seguito per 24 ore, col fiato sospeso, una vicenda giocata su più piani, ma tutta interna alla famiglia di potere di Mosca. Non c’è una sola cosa, di questa storia moscovita, utile alla pace. Non c’è nulla, di quanto accaduto, utile a farci pensare alla caduta del regime russo. Magari sì, potrebbe cadere Putin, più logoro di quanto immaginiamo. Ma chi dovesse sostituirlo in questa fase, di questo possiamo essere ragionevolmente certi, non sarebbe meglio di lui.

In copertina: una foto ufficiale del governo russo il capo della Wagner con quello del Cremlino. L’amicizia si è rotta?

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