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Russia vs Ucraina, giorno 534. Il punto

di Raffaele Crocco

L’offensiva ucraina non è andata come immaginavano i comandi di Kiev e gli alleati statunitensi ed europei. L’avanzata è stata lenta, i territori riconquistati realmente pochi. Sono stati investiti miliardi di dollari in armi e addestramento in questa operazione che ha dimostrato – ma davvero serviva? – che Kiev non è in grado di vincere la guerra. Le difese russe hanno tenuto, in qualche caso la controffensiva di Mosca ha avuto successo. Il giorno 534 dall’invasione russa dell’Ucraina ci racconta di truppe russe che avanzano nel Nordest del Paese, nella regione di Kharkiv. Kiev ha ordinato di evacuare 37 insediamenti nel distretto di Kupiansk: si trovano sotto bombardamento russo e i rischi per i civili sono alti. I russi, poi, hanno attaccato con i droni anche a Occidente, a poche decine di chilometri dalla Polonia. Un deposito di petrolio è stato distrutto a Dubno.

Alla situazione confusa sul campo di battaglia, si aggiunge la conta dei danni ambientali di questa guerra, ormai incalcolabili. Alle emissioni di Co2 nell’aria da parte dei mezzi militari – aerei e mezzi di terra – si aggiungono i danni da bombardamento. Sui mar Nero, ogni nave colpita ha rilasciato tonnellate di carburante in acqua, senza che vi fosse la seria possibilità di intervenire per limitare i danni. Sul terreno restano, invece, i residui delle bombe, che bruciano ad altissime temperature, generando microparticelle di metalli pesanti. Resteranno sulla superficie per infiniti anni. Penetreranno lentamente nei terreni, inquinando le falde acquifere sotterranee. Contemporaneamente, librandosi nell’aria spinte dal vento, entreranno ni polmoni e nel sangue di chi tornerà a vivere in quelle aree, provocando tumori e malattie respiratorie.
Un disastro di cui poco si parla e che costerà caro ben oltre la fine di questa guerra. Fine che appare ancora lontana, al momento. La conferenza di Jeddah – celebrata in Arabia Saudita il 5 e 6 agosto 2023 – lo ha confermato. Tanti i Paesi invitati, esclusa la Russia. Quaranta i Paesi che hanno accolto l’invito, compresi Cina e membri del Brics, il consorzio di economie emergenti che si oppone alle politiche internazionali del vecchio G7 e degli Stati Uniti.

Presenze interessanti queste: la conferenza è stata organizzata in Arabia Saudita certamente con l’avallo degli Stati Uniti, ma con l’intenzione saudita di accreditarsi come possibile mediatore. Mediatore accettato, per altro, proprio perché “non occidentalizzato”, ma parte di quella parte di Mondo che, di fatto, lavora per cambiare l’odine internazionale. Non a caso, la Cina ha accettato di essere presente con funzionari di alto livello e Pechino ha auspicato la convocazione di un’altra conferenza di questo genere, che potrebbe tenersi a New Delhi. Al tavolo sedevano, poi, Sud Africa, India e Brasile, i partner di Mosca in quel Brics che il 22 agosto si riunirà e senz’altro parlerà delle prospettive di questa guerra.

Dalla conferenza, in ogni caso, non è uscito nulla di concreto. Al di là delle astratte prese di posizione “sull’integrità territoriale degli Stati, che va garantita”, non c’è stata alcuna dichiarazione ufficiale congiunta, alcuna presa di posizione netta a favore di un inizio di negoziato. Se l’Ucraina sperava di allargare la base di consenso, è rimasta delusa. Se gli Stati Uniti speravano – come sostengono alcuni diplomatici – di staccare i Paesi del Brics dalla Russia, il risultato è stato fallimentare. I Paesi amici di Mosca restano al loro posto. Non a caso Putin ha giudicato negativamente la conferenza, spiegando però che ne parlerà a Johannesburg, il prossimo 22 agosto, con gli altri Paesi del Brics.

Questa guerra sembra destinata a durare ancora lungo. I due contendenti non stanno traendo alcun vantaggio dal campo di battaglia e questo allunga i tempi, allontanano i negoziati. All’esterno, potenze grandi e medie giocano una partita loro, di ricomposizione degli equilibri mondiali e di affermazione di potenza, che di fatto trasforma l’Ucraina in un semplice tavolo da gioco. Qualche pressione vera potrebbe arrivare nel tempo. Ad esempio, da una Cina messa in difficoltà dalla crisi economica generata dalla guerra, con gli investitori pronti a sganciarsi da Pechino. Oppure, da un Europa stanca di gettare miliardi di euro in armi e addestramento militare, per una vittoria ucraina che non può arrivare. Ipotesi che, per ora, si intravedono all’orizzonte, ma sono ancora lontane. Troppo lontane per chi, in Ucraina, continua a morire sotto le bombe.

 

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