Maddalena D’Aquilio ha intervistato Sara, Protection officer a bordo della nave di ricerca e soccorso Humanity 1 dell’organizzazione non governativa SOS Humanity.
Come avviene una vostra operazione di ricerca e soccorso in mare?
SOS Humanity opera e soccorre le persone in acque internazionali, rispettando il diritto internazionale e marittimo. Ciò significa che le persone in pericolo in mare, indipendentemente dalla loro origine o dalla causa della loro fuga, devono essere soccorse e portate in un luogo sicuro. Riceviamo segnalazioni di imbarcazioni in pericolo attraverso vari canali e collaboriamo con le autorità competenti nelle diverse fasi operative, fino all’assegnazione di un porto in Italia per lo sbarco delle persone soccorse.
Tuttavia, l’ostruzione dei salvataggi in mare da parte degli Stati europei attraverso nuove normative restringenti, ha reso il nostro lavoro sempre più difficile. Abbiamo ormai diverse prove del continuo rimpatrio illegale (pullbacks) dei rifugiati da parte della cosiddetta Guardia costiera libica e tunisina, entrambe finanziate dall’UE, e questo ci porta spesso a vivere situazioni complesse e delicate quando siamo in mare.
Quando abbiamo sopravvissuti a bordo, forniamo assistenza medica professionale, informativa legale, due pasti caldi al giorno e sostegno psicologico. Sebbene il nostro obiettivo primario è quello di salvare vite, parte importante del nostro lavoro è assistere, proteggere, assicurarci che i diritti umani vengano rispettati e premere per un cambiamento nella società. Per fare ciò raccogliamo testimonianze, monitoriamo e documentiamo il pericoloso viaggio che migliaia di persone sono costrette a fare ogni anno…continua su Unimondo