Dopo 5 ore di riunione e mentre era in corso lo sciopero generale, il gabinetto Haririr ha approvato ieri un pacchetto di riforme che non ha però fermato la protesta di piazza che chiede la caduta del governo e che non si accontenta dunque del programma di riforme voluto del premier.
Il pacchetto varato da Saad Hariri prevede: il dimezzamento degli stipendi a politici attuali ed ex; l’abolizione di diverse istituzioni statali, incluso il Ministero dell’Informazione; la riduzione del 70 percento del budget dell’agenzia responsabile dello sviluppo e della costruzione, oltre a tagli del budget di altre agenzie statali; l’istituzione di un comitato anticorruzione entro la fine dell’anno: la privatizzazione delle telecomunicazioni; una riforma del settore energetico gestito dallo Stato, compresa l’accelerazione delle licenze per le centrali elettriche; nessuna nuova tassa; sovvenzioni alle famiglie che vivono in povertà e prestiti immobiliari; aumento delle imposte sugli utili bancari.
Ieri, quinto giorno di protesta, era stato convocato uno sciopero generale a livello nazionale mentre le proteste, che chiedono la fine della tassazione e condannano la corruzione nel governo, continuava da Beirut a Tripoli e a Tiro. Tutto è iniziato dopo la proposta di tassare l’uso di WhatsApp e altri servizi di messaggistica. Lo sciopero è stato convocato nonostante le promesse di riforme del primo ministro Saad al-Hariri e nonostante le dimissioni domenica di ministri dell’esecutivo. Venerdì infatti il premier Hariri aveva dato una scadenza di 72 ore ai suoi partner di coalizione per concordare una soluzione ai problemi economici del Paese senza imporre nuove tasse. Ma la protesta non si è fermata. Hariri ha dunque convocato il suo gabinetto per stamane in cerca di altre soluzioni e ha poi annunciato il pacchetto di riforme.
(Red/E.G.)
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In copertina un’immagine di Beirut di Piotr Chrobot on Unsplash